martedì 23 settembre 2025

Sono felice, dove ho sbagliato? – Diego De Silva

“Quelli che parlano d’amore sono convinti di sapere tutto dell’amore. Perché pensano che la loro esperienza faccia testo. Io questa cosa non me la spiego. L’idea che le proprie faccende d’amore abbiano l’autorevolezza del vissuto, voglio dire.” 

 “Il pantano amoroso è così: uno stallo che può avere tipologie diverse.” 

 “E così avete ricominciato, neanche da capo ma dallo stesso punto in cui vi eravate impantanati. Quello in cui non si va né avanti né indietro ma semplicemente in replica, mentre gli anni passano.” 

 “Al questionante di principio non basta la soddisfazione privata: ambisce a fare scuola. È disposto a devolvere in beneficenza i proventi della vittoria, purché il mondo sappia che ha ragione (il che ne fa un comune megalomane).” 

“Vedi, un bravo avvocato lo capisce dal primo momento se una causa è vinta o persa, e lo capisce dalla materia di cui è fatta. Da lì in poi, è tutto scalpello.” 

 “Gli infelici hanno un bisogno di solidarietà così impellente da non riconoscere un piazzista di patacche quando gli bussa alla porta.” 

 “Il dolore è inestimabile, Ega. Appartiene soltanto a chi lo prova. Non puoi valutarlo, non puoi venderlo, non puoi farne oggetto di scambio. Non è negoziabile. È quella la sua grandezza.” 

“Sono felice, dove ho sbagliato? Stringe gli occhi come se non mi mettesse bene a fuoco. Poi scuote la testa e scoppia a ridere. E io appresso.”

giovedì 18 settembre 2025

La mia Africa – Karen Blixen

“In Africa avevo una fattoria ai piedi degli altipiani del Ngong. A un centocinquanta chilometri più a nord su quegli altipiani passava l’equatore; eravamo a milleottocento metri sul livello del mare. Di giorno si sentiva di essere in alto, vicino al sole, ma i mattini, come la sera, erano limpidi e calmi, e di notte faceva freddo.” 

 “Il respiro del panorama era immenso.” 

 “Non esiste vita, per noi, senza una città; anche se ne pensiamo più male che bene, attira per forza i nostri pensieri, per una specie di legge di gravità. L’alone luminoso che, da certi punti della fattoria, si vedeva sovrastare Nairobi, la notte, mi ricordava le grandi città d’Europa facendomi fantasticare.” 

 “I luoghi dove ci siamo accampati restano vivi nella memoria come se ci fossimo vissuti per tanto tempo: un solco lasciato in mezzo all’erba della pianura dalle ruote del carro spicca chiaro nel ricordo come i lineamenti del viso di un amico.” 

 “Quando si riesce a cogliere il ritmo dell’Africa, ci si accorge che è identico in tutta la sua musica: quello che avevo imparato andando a caccia mi servì poi nei miei rapporti con gli indigeni.” 

 “I kikuyu sono preparati all’imprevisto e abituati all’inaspettato. In questo sono diversi dai bianchi, che di solito cercano in tutti i modi di proteggersi dall’ignoto e dagli assalti del fato. L’indigeno, invece, considera il destino un amico, perchè è nelle sue mani da sempre.” 

 “Quando gli africani parlano della natura di Dio ne parlano come le Mille e una Notte, o come gli ultimi capitoli del libro di Giobbe: è la stessa qualità, il suo infinito potere di immaginazione, che li colpisce.” 

 “Stranamente, dovunque si trovi, la Chiesa Cattolica Romana porta con sé la propria atmosfera.” 

 “Un anno le grandi piogge non vennero. E’ un’esperienza tremenda, spaventosa: il coltivatore che l’ha vissuta non la dimentica.”

 “Ma quando la terra rispondeva con un ruggito fertile e profondo, come una cassa armonica, e il mondo cantava intorno a noi in tutte le sue dimensioni, in alto e in basso – quella era la pioggia. Era come tornare al mare dopo tanto tempo, come l’abbraccio di un amante.” 

 “Cominciai, la sera, a scrivere racconti, fiabe e novelle, per non pensare più ai miei guai ma spaziare con la mente in altri paesi e in altri tempi.” 

 “Perché mai i kikuyu temano così poco la morte e poi si spaventino tanto al pensiero di toccare un morto, mentre i bianchi hanno paura di morire ma non di toccare un cadavere, non lo so. E’ questo un altro tratto per cui ci si accorge che la loro realtà è diversa dalla nostra.” 

 “Ma bruciava in lui una fiamma inestinguibile che nessuna cenere poteva nascondere. Nato da una razza di pescatori danesi, aveva fatto il marinaio per poi diventare uno dei primi pionieri dell’Africa. Chissà quale vento l’aveva portato lì.” 

 “La notte tropicale ha la cordialità della chiesa cattolica romana di fronte alle chiese protestanti del nord, dove è permesso entrare solo per le funzioni religiose.” 

 “Tornando per un breve periodo in Europa sembra strano che in città la gente viva senza tener conto delle fasi della luna e quasi senza notarle.” 

 “Chi di notte, dormendo, sogna, conosce un genere di felicità ignota nel mondo della veglia: una placida estasi e un riposo del cuore che sono come il miele sulla lingua.” 

 “La cosa più vicina al sogno, nel mondo della veglia, è la notte in una grande città, dove tutti sono sconosciuti per tutti, o la notte in Africa. Anche lì c’è libertà infinita; le cose vanno avanti per conto loro, destini si intrecciano intorno a noi, dappertutto c’è vita e movimento, ma tutto questo non ci riguarda.”

 “In Africa, quando si trova un libro che ci piace, fra l’ammasso di letteratura nefasta che le povere navi sono costrette a portare fin laggiù dall’Europa, lo si legge come ogni scrittore vorrebbe si leggessero i suoi libri: pregando Dio che possa essere fino in fondo bello come al principio. L’immaginazione corre con entusiasmo su un sentiero, fresco, verde, profondo.” 

 “L’Africa e l’Europa hanno della giustizia due idee diverse, incompatibili fra loro. per l’africano c’è un solo modo di controbilanciare le catastrofi dell’esistenza: dare qualcosa in cambio. I moventi di un atto non contano, per lui.” 

 “Il passato, che era stato tanto difficile rievocare e che probabilmente, nella memoria, appariva ogni volta diverso, ora era afferrato, riconquistato, inchiodato davanti ai suoi occhi. Era diventato Storia: quel documento aveva vinto il fluttuare e l’ombra del mutamento.” 

 “Venivano molti visitatori, alla fattoria. Nei paesi di pionieri l’ospitalità è una necessità di vita, non solo per chi viaggia ma anche per i coloni. Un visitatore è un amico, porta notizie, buone o cattive, e nei posti solitari le notizie sono un nutrimento per le anime affamate. Un vero amico che arriva a casa tua è un messaggero celeste, reca il panis angelorum.” 

 “Quando , a tavola, gli riempirono il bicchiere, Emmanuelson, vuotandolo per metà, lo alzò verso la lampada e lo contemplò a lungo: pareva stesse ascoltando una musica. “Fameaux” – disse – “fameaux. E’ un Chambertin 1906″. Aveva indovinato; subito provai per lui un certo rispetto.” 

 “Solo i veri aristocratici e i veri proletari del mondo capiscono la tragedia. Per loro è il principio fondamentale di Dio, e la chiave – minore – dell’esistenza. In questo sono diversi dai borghesi di tutte le categorie, che non solo negano la tragedia ma sono incapaci di sopportarla; la parola stessa, per loro, significa qualcosa di tristo.” 

 “V’era un tratto del suo carattere per me veramente prezioso: amava sentir raccontare.” 

 “L’aria, in Africa, ha un significato ignoto in Europa: piena di apparizioni e miraggi, è, in un certo senso, il vero palcoscenico di ogni evento.” 

 “In colonia i libri hanno una funzione diversa che in Europa: essi soltanto possono soddisfare un certo aspetto della nostra vita laggiù; se sono belli ci si commuove e se son brutti ci si indigna con una foga ignota nei paesi civili.” 

 “Tutto ciò non può essere, pensavo, solo quell’insieme di circostanze che la gente chiama un periodo di sfortuna; deve celare un principio, un centro: se lo scopro, sono salva. Se trovo la prospettiva giusta, mi dicevo, le cose mi appariranno tutte chiare e coerenti. Devo alzarmi, conclusi, e cercare un segno.” 

 “Quando una donna mostra all’amica i vestiti di un figlio perduto, sa che l’altra pensa in cuor suo: Grazie a Dio non è toccato a me, e a gli occhi d’entrambe non v’è in questo nulla di strano o di innaturale.” 

 "A sud-ovest, scorgevo le colline del Ngong. L’onda nobile della montagna si ergeva sulla terra piatta, tutt’intorno azzurro cielo. Ma a quella distanza le quattro vette parevano insignificanti, appena distinguibili, diverse da come si vedevano alla fattoria. Il contorno della montagna veniva lentamente ammorbidito e livellato dalla mano della lontananza.”

sabato 13 settembre 2025

Uno, nessuno e centomila – Luigi Pirandello

“Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio. Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino. Mia moglie sorrise e disse: Credevo ti guardassi da che parte ti pende. Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: Mi pende? A me? Il naso? E mia moglie, placidamente: Ma sì, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra.” 

 “Sfido a non irritarsi, ricevendo come generosa concessione ciò che come diritto ci è stato prima negato.” 

 “E non si sa, le mogli? Fatte apposta per scoprire i difetti del marito.” 

 “Ero rimasto così, fermo ai primi passi di tante vie, con lo spirito pieno di mondi, o di sassolini, che fa lo stesso. Ma non mi pareva affatto che quelli che m’erano passati avanti e avevano percorso tutta la via, ne sapessero in sostanza più di me. M’erano passati avanti, non si mette in dubbio, e tutti braveggiando come tanti cavallini; ma poi, in fondo alla via, avevano trovato un carro: il loro carro; vi erano stati attaccati con molta pazienza, e ora se lo tiravano dietro. Non tiravo nessun carro, io; e non avevo perciò né briglie né paraocchi; vedevo certamente più di loro; ma andare, non sapevo dove andare.” 

 “Cominciò da questo il mio male. Quel male che doveva ridurmi in breve in condizioni di spirito e di corpo così misere e disperate che certo ne sarei morto o impazzito, ove in esso medesimo non avessi trovato (come dirò) il rimedio che doveva guarirmene.” “

Già subito mi figurai che tutti, avendone fatta mia moglie la scoperta, dovessero accorgersi di quei miei difetti corporali e altro non notare in me.” 

 “Mi si fissò invece il pensiero ch’io non ero per gli altri quel che finora, dentro di me, m’ero figurato di essere.”

 “Per voi, esser soli, che vuol dire?”

 “La solitudine non è mai con voi; è sempre senza di voi, e soltanto possibile con un estraneo attorno: luogo o persona che sia, che del tutto vi ignorino, che del tutto voi ignoriate, così che la vostra volontà e il vostro sentimento restino sospesi e smarriti in un’incertezza angosciosa e, cessando ogni affermazione di voi, cessi l’intimità stessa della vostra coscienza. La vera solitudine è in un luogo che vive per sè e che per voi non ha traccia nè voce, e dove dunque l’estraneo siete voi. Così io volevo esser solo. Senza me.” 

 “Se per gli altri non ero quel che finora avevo creduto d’essere per me, chi ero io?” 

 “Per gli altri le mie idee e il mio naso hanno tanta relazione, che se quelle, poniamo, fossero molto serie e questo per la sua forma molto buffo, si metterebbero a ridere.” 

 “Quando mi ponevo davanti a uno specchio, avveniva come un arresto in me; ogni spontaneità era finita, ogni mio gesto appariva a me stesso fittizio o rifatto. Io non potevo vedermi vivere.” 

 “Ripeto, credevo ancora che fosse uno solo questo estraneo: uno solo per tutti, come uno solo credevo d’esser io per me. Ma presto l’atroce mio dramma si complicò: con la scoperta dei centomila Moscarda ch’io ero non solo per gli altri ma anche per me, tutti con questo solo nome di Moscarda, brutto fino alla crudeltà, tutti dentro questo mio povero corpo ch’era uno anch’esso, uno e nessuno ahimè, se me lo mettevo davanti allo specchio e me lo guardavo fisso e immobile negli occhi, abolendo in esso ogni sentimento e ogni volontà. Quando così il mio dramma si complicò, cominciarono le mie incredibili pazzie.” 

 “L’idea che gli altri vedevano in me uno che non ero io quale mi conoscevo; uno che essi soltanto potevano conoscere guardandomi da fuori con occhi che non erano i miei e che mi davano un aspetto destinato a restarmi sempre estraneo, pur essendo in me, pur essendo il mio per loro (un mio dunque che non era per me!); una vita nella quale, pur essendo la mia per loro, io non potevo penetrare, quest’idea non mi diede più requie.” 

 “Siate sinceri: a voi non è mai passato per il capo di volervi veder vivere. Attendete a vivere per voi, e fate bene, senza darvi pensiero di ciò che intanto possiate essere per gli altri; non già perché dell’altrui giudizio non v’importi nulla, ché anzi ve ne importa moltissimo; ma perchè siete nella beata illusione che gli altri, da fuori, vi debbano rappresentare in sé come voi a voi stessi vi rappresentate.” 

 “Purtroppo, ci sono io, e ci siete voi. Purtroppo.” 

 “Sapete invece su che poggia tutto? Ve lo dico io. Su una presunzione che Dio vi conservi sempre. La presunzione che la realtà, qual’è per voi, debba essere e sia ugualmente per tutti gli altri.” 

 “Non poter sopportare la zanzariera, ch’io avrei seguitato sempre a usare anche se tutte le zanzare fossero sparite da Richieri, per la delizia che mi dava, tenuta alta di cielo com’io la tenevo e drizzata tutt’intorno al letto senza una piega. La camera che si vede e non si vede traverso a quella miriade di forellini del tulle lieve; il letto isolato; l’impressione d’esser come avvolto in una bianca nuvola.” 

 “C’è in me e per me una realtà mia: quella che io mi dò; una realtà vostra in voi e per voi; quella che voi vi date; le quali non saranno mai le stesse nè per voi nè per me. E allora? Allora, amico mio, bisogna consolarci con questo: che non è più vera la mia che la vostra, e che durano un momento così la vostra come la mia.” 

 “Diciamo dunque che è in noi ciò che chiamiamo pace. Non vi pare? E sapete da che proviene? Dal semplicissimo fatto che siamo usciti or ora dalla città; cioè, sì, da un mondo costruito: case, vie, chiese, piazze; non per questo soltanto, però, costruito, ma anche perchè non ci si vive più così per vivere, come queste piante, senza saper di vivere; bensì per qualche cosa che non c’è e che vi mettiamo noi; per qualche cosa che dia senso e valore alla vita: un senso, un valore che qua, almeno in parte, riuscite a perdere, o di cui riconoscete l’affliggente vanità. E vi vien languore, ecco, e malinconia. Capisco, capisco, Rilascio di nervi. Accorato bisogno d’abbandonarvi. Vi sentite sciogliere, vi abbandonate.” 

 “Qui, cari miei, avete veduto l’uccellino vero, che vola davvero, e avete smarrito il senso e il valore delle ali finte e del volo meccanico. Lo riacquisterete subito là, dove tutto è finto e meccanico, riduzione e costruzione: un altro mondo nel mondo: mondo manifatturato, combinato, congegnato; mondo d’artificio, di stortura, d’adattamento, di finzione, di vanità; mondo che ha senso e valore soltanto per l’uomo che ne è l’artefice.” 

 “Beati loro che hanno le ali e possono scappare!” 

 “Ci vorrebbe un pò più d’intesa tra l’uomo e la natura. Troppo spesso la natura si diverte a buttare all’aria tutte le nostre ingegnose costruzioni. Cicloni, terremoti… Ma l’uomo non si dà per vinto. Ricostruisce, ricostruisce, bestiolina pervicace. E tutto è per lui materia di ricostruzione. Perché ha in sè quella tal cosa che non si sa che sia, per cui deve per forza costruire, trasformare a suo modo la materia che gli offre la natura ignara, forse e, almeno quando vuole, paziente.” 

 “L’uomo piglia a materia anche se stesso, e si costruisce, sissignori, come una casa. Voi credete di conoscervi se non vi costruite in qualche modo? E ch’io possa conoscervi, se non vi costruisco a modo mio?” 

 “Ah che scoperta! Mio padre… La vita di mio padre..” 

 “Fu un attimo, ma l’eternità. Vi sentii dentro tutto lo sgomento delle necessità cieche, delle cose che non si possono mutare: la prigione del tempo; il nascere ora, e non prima e non poi; il nome e il corpo che ci è dato; la catena delle cause; il seme gettato da quell’uomo: mio padre senza volerlo; il mio venire al mondo, da quel seme; involontario frutto di quell’uomo; legato a quel ramo; espresso da quelle radici.” 

 “A tutti i figli forse sarà avvenuto. Notare com’alcunché d’osceno che ci mortifica, laddove è il padre per noi che si rispetta. Notare, dico, che gli altri non dànno e non possono dare a questo padre quella stessa realtà che noi gli diamo.” 

 “Quando un atto è compiuto, è quello; non si cangia più. Quando uno, comunque, abbia agito, anche senza che poi si senta e si ritrovi negli atti compiuti, ciò che ha fatto, resta: come una prigione per lui.” 

 “…l’essere agisce necessariamente per forme, che sono le apparenze ch’esso si crea, e a cui noi diamo valore di realtà. Un valore che cangia, naturalmente, secondo l’essere in quella forma e in quell’atto ci appare.” 

 “Perché avevo voluto dimostrare, che potevo, anche per gli altri, non essere quello che mi si credeva.” 

 “Perché, quand’uno pensa d’uccidersi, s’immagina morto, non più per sé, ma per gli altri?” 

 “Sempre che ci avvenga di scoprire qualcosa che gli altri supponiamo non abbiano mai veduta, non corriamo a chiamare qualcuno perché subito la veda con noi?” 

 “Ma che altro avevo io dentro, se non questo tormento che mi scopriva nessuno e centomila?” 


 “Il dolore ti salva, figliuolo.” “Nella penombra della cameretta rosea in disordine, il silenzio pareva consapevole dell’attesa vana d’una vita che i desideriii momentanei di quella bizzarra creatura non avrebbero potuto mai far nascere né consistere in qualche modo.” 

 “Perché bisogna che lei fermi un attimo in sé la vita, per vedersi. Come davanti a una macchina fotografica. Lei s’atteggia. E atteggiarsi è come diventare statua per un momento. La vita si muove di continuo, e non può mai veramente vedere se stessa.” 

 “Lei non può conoscersi che atteggiata: statua: non viva. Quando uno vive, vive e non si vede. Conoscersi è morire. Lei sta tanto a mirarsi in codesto specchio, in tutti gli specchi, perché non vive; non sa, non può o non vuol vivere. Vuole troppo conoscersi, e non vive.” 

 “Ah, perdersi là, distendersi e abbandonarsi, così tra l’erba, al silenzio dei cieli; empirsi l’anima di tutta quella vana azzurrità facendovi naufragare ogni pensiero, ogni memoria!” 

 “Non è altro che questo, epigrafe funeraria, un nome. Conviene ai morti. A chi ha concluso. Io sono vivo e non concludo. La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest’albero, respiro tremùlo di foglie nuove. Sono quest’albero. Albero, nuvola; domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo.” 

 “Pensare alla morte, pregare. C’è pure chi ha ancora questo bisogno, perché muojo ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori.”

martedì 9 settembre 2025

Il compratore di anime morte – Stefano D’Arrigo

“È l’alba del 24 dicembre 1859. Nell’Ospizio dei trovatelli della Nunziata, che accoglie quelli che le pietose popolane napoletane chiamano “figli della Madonna”, ci si prepara per tempo alla grande vigilia. Su, su, all’ultimo piano del triste e severo edificio, oltre i dormitori dei piccoli trovatelli, lassù, proprio in soffitta, Cirillo Docore apre gli occhi anche lui al nuovo giorno.” 

 “Cirillo Docore, s’è già capito, spasima per questa “cosa” che lui ignora e che il destino gli ha negato: la famiglia.” 

 “Questo, dunque, è Cirillo Docore: un vero trovatello di trent’anni, un trovatello e uno scrivanello, ultimo chiodo nella vita e nel suo lavoro alla Real Beneficenza. Povero due volte e buono tre volte: quieto, tranquillo, senza voglie ma dilaniato dal desiderio di avere una famiglia, due famiglie.” 

 “Era in Sicilia il suo tesoro nascosto, la trovatura, come lo aveva chiamato col Principe, senza dirgli però che si trattava di una trovatura di anime morte, di contadini che valevano cento scudi pro capite.” 

 “Ecco, vedete, Eccellenza, desidererei acquistare quelle anime vostre che pur essendo morte figurano ancora come vive nell’elenco dell’ultimo censimento fiscale.” 

“La parola, se permettere, non è mai diversa, è una.” 

“Ecco, Eccellenza, lo splendido Principe di Margellina, il compratore d’anime. D’anime morte, Eccellenza. Un compratore d’anime morte, ci pensate, Eccellenza?” 

“Ma è l’undici maggio 1860; Garibaldi è sbarcato da alcune ore a Marsala, la notizia si è sparsa per la Sicilia come un tam tam nella foresta, portata da uomini a cavallo da un paese all’altro: Arriva Garibaldi!” 

“Fra gli armadi, i tavoli, le sedie, i materassi che formano le barricate dei picciotti e dei rivoltosi della Vicaria, si trova pure il famoso cofanetto di Cirillo, aperto, coi contratti delle anime morte portati via, svolazzanti, dal vento.”

giovedì 4 settembre 2025

Lessico famigliare – Natalia Ginzburg

“Nella mia casa paterna, quand’ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: Non fate malagrazie!” 

 “Quanto a mio padre, se ne stava a leggere nella parte opposta della casa…” 

 “Vivevamo sempre, in casa, nell’incubo delle sfuriate di mio padre, che esplodevano improvvise, sovente per motivi minimi…” 

 “Le poesie erano dunque così: semplici, fatte di niente; fatte delle cose che si guardavano. Mi guardavo intorno con occhi attenti: cercavo cose che potessero assomigliare a quelle rocce nere, a quei prati verdi, e che questa volta non mi sarei lasciata portar via da nessuno.” 

 “E lui e mia madre parlavano del tempo ch’era ancora vivo Galeotti come di un tempo felice, allegro, quando loro erano più giovani, quando le montagne conservavano intatto per mio padre il proprio fascino, quando il fascismo sembrava dovesse presto finire.” 

 “Gino, infatti, dava poco spago, perché leggeva sempre; e quando gli si parlava, rispondeva a monosillabi, senza alzare la testa dal libro.” 

 “Adriano (Olivetti), allora, sembrava l’incarnazione di quello che mio padre usava definire un impiastro; e tuttavia mio padre non disse mai di lui che era un impiastro, né un salame, né un negro: non pronunciò mai al suo indirizzo nessuna di queste parole. Mi domando perché: e penso che forse mio padre aveva una maggiore penetrazione psicologica di quanto noi sospettassimo, e intravide, nelle spoglie di quel ragazzo impacciato, l’immagine dell’uomo che Adriano doveva diventare più tardi.” 

“Aveva occhi spaventati, risoluti e allegri; gli vidi, due o tre volte nella vita, quegli occhi. Erano gli occhi che aveva quando aiutava una persona a scappare, quando c’era un pericolo e qualcuno da portare in salvo.” 

 “Ci sposammo, Leone ed io; e andammo a vivere nella casa di via Pallamaglio.” 

 “Avevamo un alloggio nei dintorni di piazza Bologna. Leone dirigeva un giornale clandestino ed era sempre fuori di casa. Lo arrestarono, venti giorni dopo il nostro arrivo; e non lo rividi mai più.”

 “Il suo animo non sapeva invecchiare e non conobbe mai la vecchiaia, che è starsene ripiegati in disparte piangendo lo sfacelo del passato.” 

 “Era, il dopoguerra, un tempo in cui tutti pensavano d’essere dei poeti, e tutti pensavano d’essere dei politivi; tutti s’immaginavano che si potesse e si dovesse anzi far poesia di tutto, dopo tanti anni in cui era sembrato che il mondo fosse ammutolito e pietrificato e la realtà era stata guardata come di là da un vetro, in una vitrea, cristallina e muta immobilità.” 

 “Certo, per molti anni, nessuno fece più il proprio mestiere, ma tutti credettero di poterne e doverne fare mille altri insieme; e passò del tempo prima che ciascuno riprendesse sulle sue spalle il proprio mestiere e ne accettasse il peso e la quotidiana fatica, e la quotidiana solitudine, che è l’unico mezzo che noi abbiamo di partecipare alla vita del prossimo, perduto e stretto in una solitudine uguale.” 

 “Pavese si uccise un’estate che non c’era, a Torino, nessuno di noi.” 

 “Aveva parlato, per anni, di uccidersi. Nessuno gli credette mai. Quando veniva da me e da Leone mangiando ciliegie, e i tedeschi prendevano la Francia, già allora ne parlava.”

 “Guardò anche oltre la sua vita, nei nostri giorni futuri, guardò come si sarebbe comportata la gente, nei confronti dei suoi libri e della sua memoria. Guardò oltre la morte, come quelli che amano la vita e non sanno staccarsene, e pur pensando alla morte vanno immaginando non la morte, ma la vita.”

sabato 30 agosto 2025

M la fine e il principio – Antonio Scurati

“Benito Mussolini è stato arrestato, il fascismo è caduto, gli angloamericani tormentano l’Italia dal cielo preparandosi a invaderla dal mare. Ma nulla di tutto ciò risuona nell’urlo primordiale della scimmia impazzita. La storia umana si estingue nello sguardo idiotico dell’animale.” 

 “Il primo giorno di occupazione nazista di Milano tramonta in una dolcissima notte di luna piena. In piazza del Duomo il chiarore tenue dell’astro notturno illumina la sagoma tozza di un carro armato Panzerkampfwagen IV. Il suo cannone KwK 40 da 75 millimetri è puntato contro le esili guglie svettanti, tra mille statue di santi, sulla cattedrale consacrata a Santa Maria Nascente, il più grande tempio cristiano del mondo dopo la basilica di San Pietro.” 

 “Li guida una sola stella: la nostalgia, il dolore del ritorno, il ricordo menzognero dei giorni belli, i giorni gloriosi, i giorni della lotta, la confusione vitale della rissa, li guida il fantasma della giovinezza, il più vile degli inganni. Divorati dal cancro del tempo, passati in giudicato dalla storia, cristallizzati per l’eternità nel gesto omicida, sono i dannati di un inferno anonimo, i manovali del massacro, sono i desperados del fascismo.” 

 “Quegli uomini saranno spietati perché sono già stati sconfitti, vagheranno sulla terra seminando morte perché sono già morti, cono cadaveri insepolti, sono i cani neri del mito.” 

 “Non si accorge Resega dei partigiani venuti a ucciderlo, perché quegli uomini sono oramai tutt’uno con la città che li vomita e al tempo stesso li cela, quella città inorridita dal ritorno del fascismo che arretra di disgusto a ogni suo passo proprio come si ritrae alla vista oscena degli squadristi di Colombo…” 

 “D’altro canto, in questa primavera di sangue tutta Milano è divenuta una città di torturatori.” 

 “Sono tutti qui, in questo fosco autunno del millenovecentoquarantaquattro, sono tutti a fianco a fianco nell’anticamera del dittatore decrepito, assassini, avventurieri spietati, idealisti illusi e moralizzatori, sulla stessa barca che affonda, in riva a questo lago torpido.” 

 “Questa moltitudine di Arditi, assassini e avventurieri, vinti ebbri della propria sconfitta, non vuole sentire discorsi, vuole soltanto acclamare il proprio idolo, scandirne il nome con un ancestrale ritmo ternario. Duce! Duce! Duce!” 

 “Ciò che Mussolini proprio non riesce a vedere, riflessa nelle acque morte del lago, è la verità su se stesso: lo ha già fatto, quegli uomini li ha già turlupinati. Lui è l’ingannatore, non l’ingannato. E non andrà in piazza, come proclama a Clara di voler fare. Nemmeno morirà. Forse lo desidera ma non morirà. Non ora, non ancora.” 

 “I milanesi, intanto, non trovano il tempo per crogiolarsi nel dramma interiore. Non lo trovano perché vivono quotidianamente un dramma esteriore pienamente dispiegato nelle strade. A Milano, infatti, cessata una breve tregua, si è ricominciato a scannarsi.” 

 “Nessuno che cerchi un senso nelle cose umane può accontentarsi dei meri fatti perché i fatti glielo negheranno. Poi, però, viene il momento in cui la Storia con la maiuscola, insieme al suo carico magniloquente di grandi visioni, degrada nella semplice, insensata cronaca degli accadimenti. Il momento è arrivato.” 

 “Ilo 25 aprile millenovecentoquarantacinque a Milano non fa più freddo. Nutriti dal tiepido sole primaverile, i primi papaveri selvatici fioriscono tra le rovine dei bombardamenti nelle strade deserte, ammutolite dallo sfacelo, traendo linfa dai cadaveri insepolti. È un mercoledì.” 

 “Ma in fondo lo sanno, lo hanno sempre saputo: il loro unico intento, nella mattanza generale del mondo, fu soltanto quello di impugnare la lama dal lato dell’elsa.” 

 “All’una di notte il convoglio funereo parte per Milano dove giunge due ore più tardi. La destinazione non è affatto casuale, segue il criterio della vendetta, l’irresistibile seduzione dei simboli, l’antichissimo richiamo dei nomi: i cadaveri vengono scaricati sul selciato di piazzale Loreto, nel punto esatto dove nell’agosto del ’44 furono trucidati quindici antifascisti, all’angolo tra corso Buenos Aires e il grande slargo cittadino che da allora molti milanesi hanno ribattezzato piazza dei martiri.” 

 “Finisce qui, dove era cominciata, la tragica storia di Benito Mussolini: nell’oscenità, nell’orrore, nel massacro. E qui inizia quella del suo cadavere.” 

 “La vostra Repubblica nasce qui, su questa piazza, fondata su questo cadavere scannato a un uncino da macellaio.” 

 “Alla fine, come in principio, saranno soltanto i morti. In principio come alla fine sarà ancora soltanto il corpo. Il corpo macellato e ricomposto, morto e resuscitato, laido e glorioso. Il corpo del vostro Duce. Si, il mio pubblico ci sarà ancora. E ancora, E ancora. Il cadavere tornerà, io tornerò, perché i morti non pesano soltanto, i morti sopravvivono. Sono cose più antiche del mondo. E io queste cose le so, le so perché è inutile, non c’è niente da fare, io sono come le bestie: sento il tempo che viene.”

lunedì 25 agosto 2025

Dio di illusioni – Donna Tartt

“La neve sulle montagne si stava sciogliendo e Bunny era già morto da molte settimane prima che arrivassimo a comprendere la gravità della nostra situazione.” 

 “Suppongo che a un certo punto, nella mia vita, avrei potuto narrare un gran numero di storie, ma ora non ve ne sono altre. Questa è l’unica storia che riuscirò mai a raccontare.” 

 “Forse che una cosa come “il fatale errore”, quell’appariscente, cupa frattura che taglia a metà una vita, può esistere al di fuori della letteratura? Una volta pensavo di no. Ora sono dell’opinione contraria. E penso che il mio sia questo: un morboso, coinvolgente desiderio verso tutto ciò che affascina.” 

 “La domenica era un giorno triste; a letto presto, la scuola il mattino dopo, e la costante preoccupazione d’aver fatto male i compiti a casa…” 

 “E le notti, più gradi di quanto sia immaginabile: nere, immense, spazzate dal vento; caotiche e pazze di stelle.” 

 “Perché, se la mente moderna è capricciosa e digressiva, la mente classica è mirata, risoluta, inesorabile.” 

 “…ognuno è solo con i propri acciacchi e le proprie pene. Ancor più terribile, invecchiando, scoprire che nessuna persona – non importa quanto vicina – potrà mai capirci davvero. I nostri io sono ciò che ci rende più infelici, ed è per questo che bramiamo perderli, non credete?” 

 “Dopo la lezione, scesi le scale trasognato, la testa che mi girava, ma acutamente, dolorosamente cosciente d’essere vivo e giovane in una bellissima giornata: il cielo di un intenso, accecante azzurro, il vento che sparpagliava le foglie rosse e gialle in un turbine di coriandoli.” 

 “Immagino che vi sia un periodo cruciale, nella vita di ognuno, allorché il carattere si consolida definitivamente.” 

“Io sono un tipo da espresso – disse allegramente – L’ho bevuto di continuo in Italia. Hanno un sacco di posticini dove ci si può sedere a prendere un caffè, sai?” 

 “Dopotutto, il fascino dello smettere di essere se stessi, sia pure per un breve attimo, è davvero grande – riprese – Trascendere l’accidente dell’istante individuale.”

 “…perdersi, perdersi completamente.” 

 “La gente povera non viveva con soggezione i suoi modi, ma solo provava una certa inspiegabile ammirazione; erano dunque in grado di vedere il vero Henry, l’Henry che io ho conosciuto, taciturno, educato, per molti aspetti semplice e diretto come loro stessi.” 

 “…per la sua completa incapacità di pensare prima di agire. Si fiondava nella vita guidato solo dalla fioca luce dell’impulso e dell’abitudine, fiducioso che il suo corso non sarebbe stato interrotto da ostacoli troppo grandi da non potere essere atterrati dalla bruta forza d’inerzia.” 

 “Ci piace pensare che abbia un certo valore, la vecchia banalità amor vincit omnia. Ma se ho imparato una cosa, nella mia breve triste vita, è che quella banalità è una bugia: l’amore non vince nulla, e chi lo pensa è uno sciocco.” 

 “Nella grande poesia la musica traspare anche quando non conosci la lingua. Io ho amato Dante prima di imparare una parola d’italiano.” 

 “Alcune cose sono troppo terribili per entrare a far parte di noi al primo impatto; altre contengono una tale carica di orrore che mai entreranno dentro di noi. Solamente più tardi, nella solitudine, nella memoria, giunge la comprensione: quando le ceneri sono fredde, la gente in lutto è andata via; quando ci si guarda intorno e ci si ritrova in un mondo completamente diverso.” 

 “La tomba mi apparve come una cosa orribile; non ne avevo mai visto una, prima. Era barbarica, un buco nell’argilla con traballanti sedie pieghevoli per la famiglia da un lato, dall’altro un cumulo di nuda terra. Dio mio!” 

 “…la sua allegra, socratica indifferenza per le cose della vita.” 

 “Inoltre, è forse la morte una cosa tanto terribile? Sembra terribile a voi, perché siete giovani… ma chi vi dice che non stia meglio lui di voi? O – se la morte è un viaggio in un altro luogo – che non lo vedrete ancora?” 

 “La notte proiettava lunghe ombre sul mio scarso sonno agitato.” 

 “Quell’onda improvvisa di potere e godimento, di sicurezza, di controllo. La sensazione della ricchezza del mondo, delle sue infinite possibilità.”

 “Si puntò la pistola alla tempia e fece fuoco, due volte. Due sordi scoppi che gli scaraventarono la testa verso sinistra. Fu il rinculo della pistola, credo, a provocare il secondo colpo. Gli si spalancò la bocca. Una corrente d’aria causata dall’apertura della porta risucchiò le tende nel vano della finestra; per un istante esse tremolarono contro la rete antinsetti, poi si riadagiarono con una specie di sospiro. Henry, le palpebre serrate, le ginocchia che cedevano sotto il suo peso, si accasciò con un tonfo sulla moquette.” 

 “Ricordo il suo riflesso nello specchio mentre si puntava la pistola alla tempia; la sua espressione di folle concentrazione, di trionfo, quasi un tuffatore che corra verso la fine del trampolino: occhi stretti, felice nell’attesa del grande salto.” 

 “…trascorsi l’estate a sonnecchiare sul suo terrazzo, fumando e leggendo Proust, sognando della morte e dell’indolenza, della bellezza e del tempo.” 

 “Si voltò e andò via. Guardai la sua schiena che spariva nel lungo corridoio inondato di luce.”

mercoledì 20 agosto 2025

La bolla di componenda – Andrea Camilleri

“Travagliari – o meglio travagghiari – in siciliano significa semplicemente lavorare, senza fare differenza tra lavoro pesante, spaccareni, e lavoro leggero, di sola testa e magari di piacimento. In italiano invece le cose cangiano di radica: sempre e comunque travagliare implica grave pondo di fatica, sforzo, doloranza; si usa dire infatti del travaglio del parto, oppure, in discorsi superni, ci si compiace del travaglio dell’anima.” 

 “Per tornare al discorso: nel momento in cui Vecchierri pronunciò quella parola, componenda, un’eco, di cui non seppi individuare subito il punto di partenza, cominciò a rimbalzare di anfratto in anfratto nella mia memoria poi definitivamente si perse.” 

 “Brigantaggio l’ho scritto tra virgolette per farmi arrasso dalle tesi della storiografia ufficiale, almeno come ancor oggi risulta dai libri di scuola, che mistificano, spacciano per banditismo quella che in realtà fu una gigantesca rivolta contadina.” 

 “Mi accorgo di star divagando. E’ un mio difetto questo di considerare la scrittura allo stesso modo del parlare. Da solo, e col foglio bianco davanti, non ce la faccio, ho bisogno d’immaginarmi attorno quei quattro o cinque amici che mi restano stare a sentirmi, e seguirmi, mentre lascio il filo del discorso principale, ne agguanto un altro capo, lo tengo tanticchia, me lo perdo, torno all’argomento.” 

 “Forse più straziante della morte stessa di una persona che amammo è il dover mettere mano, per necessità, alle cose più intime e segrete che quella persona volle conservare via via che trascorreva la vita, lettere, fotografie, biglietti, fiori secchi, poveri oggetti ai quali il ricordo si ancorava.” 

 “Fino a che punto un uomo che ha commesso un reato ma che la la coscienza e l’anima a posto in virtù di una speciale concessione della Chiesa può definirsi e sentirsi colpevole?” 

 “La bolla di componenda invece, abilmente, la si è tramutata in una bolla di sapone.” 

 “E diciamolo subito, a chiare lettere, prima di andare oltre: la componenda (e cioè, ripetiamolo ancora, l’accordo illecito tra briganti e poliziotti) non è altro che la versione laica e in un certo senso addomesticata dell’autentica e originaria bolla di componenda. La quale invece consiste in un incredibile tariffario a stampa, emesso ufficialmente dal clero (bolla) con le percentuali da pagare alla Chiesa per i reati commessi. La compera della bolla da parte dei malfattori viene automaticamente a costituire sottoscrizione di patto.” 

 “E quando rientra nel miserabile tugurio dove vive la sua famiglia, tugurio assai spesso simile alla tana di un animale, egli non può fare a meno di pensare che forse nel malandrinaggio c’è la soluzione al suo stato. Tanto, la bolla di componenda, in ogni caso, lo assolve dalla colpa di fronte a Dio.” 

 “Non c’è modo alcuno di nobilitare (mi si passi il verbo) la bolla paragonandola a una qualsiasi bolla d’indulgenza, anche la più degenerata. La bolla di componenda è un puro e semplice, ma torno a ripetere devastante, pactum sceleris: solo che uno dei contraenti è la più alta autorità spirituale, la Chiesa, qui certamente non mater ma cattiva magistra.” 

 “Chi meno conosce, più campa e più cresce – faceva un proverbio, ed è regola santa, soprattutto quando le cose che si vengono a conoscere diventano pubbliche, davanti a numerosa compagnia: allora uno non può più tirarsi solo il suo ma deve stare attento a quello che dicono gli altri.”

venerdì 15 agosto 2025

Alla ricerca del tempo perduto - Marcel Proust

A la recherche du temps perdu è un libro infinito, credo che non sia possibile chiuderlo convinti di aver letto tutto: per certi versi è una ricerca ipnotica e perenne. Queste citazioni sono estrapolate da alcuni dei libri-capitoli dell'opera che è un monumento enorme, forse avrei dovuto evitare di pubblicarle perchè comunque sono troppo riduttive. L'unica è consigliarvi di leggerla voi e farne tesoro. Ho messo all'inizio l'incipit che è famosissimo, da quello potete già capire qual'è il viaggio che vi attende.



“Per molto tempo sono andato a dormire presto. A volte, appena spenta la candela, i miei occhi si chiudevano così subitamente che non avevo nemmeno il tempo di dirmi: «Mi addormento» e, mezz’ora dopo, il pensiero che era tempo di cercare il sonno mi svegliava.”

 “Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l'essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata, e il nostro vero io che, talvolta da molto tempo, sembrava morto, anche se non lo era ancora del tutto, si svegli, si animi ricevendo il celeste nutrimento che gli è così recato. Un istante affrancato dall'ordine del tempo ha ricreato in noi, perché lo si avverta, l'uomo affrancato dall'ordine del tempo.” 

 “È sempre in uno stato d'animo non destinato a durare che si prendono risoluzioni definitive.” 

 “Troviamo di tutto nella nostra memoria: è una specie di farmacia, di laboratorio chimico, dove si mettono le mani a caso, ora su una droga calmante, ora su un veleno pericoloso.” 

 “Il mondo in cui si vive durante il sonno è talmente diverso, che quelli che faticano a prender sonno cercano prima di tutto di uscire dal nostro.” 

 “Gli omosessuali sarebbero i migliori mariti del mondo, se non recitassero la commedia di essere donnaioli.” 

 “Si ama per un sorriso, per uno sguardo, per una spalla. Tanto basta. Allora, nelle lunghe ore di speranza o di tristezza, ci si fabbrica una persona, si compone un carattere. E quando, più tardi, si frequenta la persona amata, è impossibile ormai (per quanto crudele sia la realtà che ci vien messa innanzi) togliere quel carattere buono, quella natura di donna amorevole all'essere che ha quello sguardo o quella spalla, proprio come non possiamo, quando invecchia, togliere il suo primo volto a una persona che conosciamo fin dalla sua giovinezza.” 

 “Era cominciata per lei — solo un po' prima di quanto avvenga di solito — quella piena rinuncia della vecchiaia, che si prepara alla morte, si chiude nella propria crisalide, e che è possibile osservare, al termine delle esistenze di lunga durata, anche fra vecchi innamorati che si sono amati molto, fra amici uniti dai vincoli più puri e che, a partire da un certo anno, smettono di affrontare il viaggio o l'uscita necessaria per incontrarsi, smettono di scriversi, e sanno che in questo mondo non comunicheranno più.” 

 “Desideriamo essere capiti, perché desideriamo essere amati, e desideriamo essere amati perché amiamo. La comprensione degli altri è indifferente, e il loro amore è importuno.” 

 “Quel che rimprovero ai giornali è di farci prestare attenzione ogni giorno a cose insignificanti, mentre leggiamo tre o quattro volte nella vita i libri dove ci sono le cose essenziali.” 

 “Possiamo conversare tutta una vita senza fare altro che ripetere indefinitamente il vuoto di un minuto, mentre il cammino del pensiero nel lavoro solitario della creazione artistica avviene nel senso della profondità, la sola direzione che non ci sia preclusa, in cui possiamo progredire, con più fatica, è vero, verso un risultato di verità.” 

 “L'istinto detta il dovere e l'intelligenza fornisce i pretesti per eluderlo.” 

 “Ma, quando niente sussiste d'un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, soli, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l'odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l'immenso edificio del ricordo.” 

 “Volevo posare il libro che credevo di avere tra le mani, soffiare sul lume; non avevo smesso dormendo di riandare con il pensiero a ciò che avevo letto, ma quelle riflessioni avevano preso una piega un po’ particolare; mi sembrava di essere io stesso l’oggetto di cui il libro parlava: una chiesa, un quartetto, la rivalità tra Francesco I e Carlo V.” 

“Una persona non muore subito per noi, ma resta immersa in una specie di aura di vita che non ha nulla di una reale immortalità ma che fa sì che essa continui a occupare i nostri pensieri proprio come quando era viva. È come in viaggio.” 

 “Una buona parte di quel che crediamo, ed è così anche nel trarre le conclusioni ultime, con un'ostinazione pari alla buona fede, proviene da un primo equivoco sulle premesse.” 

 “La saggezza non si riceve, bisogna scoprirla da sé dopo un percorso che nessuno può fare per noi, né può risparmiarci, perché è un modo di vedere le cose.” 

 “I sogni, beninteso, non sono realizzabili, lo sappiamo; non ne faremmo forse senza il desiderio, e invece è utile farne per vederli fallire e perché il loro fallimento ci serva d'insegnamento.” 

 “Tutte le cose più grandi che conosciamo ci sono venute dai nevrotici. Sono loro e solo loro che hanno fondato religioni e hanno creato magnifiche opere d'arte. Mai il mondo sarà conscio di quanto deve loro, e nemmeno di quanto essi abbiano sofferto per poter elargire i loro doni.” 

 “I legami fra una persona e noi esistono solamente nel pensiero. La memoria, nell'affievolirsi, li allenta; e, nonostante l'illusione di cui vorremmo essere le vittime, e con la quale, per amore, per amicizia, per cortesia, per rispetto umano, per dovere, inganniamo gli altri, noi viviamo soli. L'uomo è l'essere che non può uscire da sé, che non conosce gli altri se non in se medesimo, e che, se dice il contrario, mente.” 

 “La mia sola consolazione, quando salivo per coricarmi, era che la mamma venisse a darmi un bacio non appena fossi stato a letto.” 

 “Vivete esclusivamente con una donna, e non vedrete più nulla di ciò che ve l'ha fatta amare.” 

 “I tre quarti delle malattie delle persone intelligenti provengono dalla loro intelligenza.” 

 “Siamo tutti costretti, per rendere sopportabile la realtà, a coltivare in noi qualche piccola pazzia.” 

 “Quello che ci lega agli esseri, sono le mille radici, gli innumerevoli fili rappresentati dai ricordi della serata di ieri, dalle speranze della mattinata dell'indomani; è quella trama continua di abitudini da cui non riusciamo a svincolarci.” 

 “A quest’epoca della vita, l’amore ci ha già colpiti più volte; esso non si evolve più seguendo soltanto le sue proprie leggi sconosciute e fatali dinanzi al nostro cuore stupito e passivo. Veniamo in suo aiuto, lo falsiamo con la memoria e la suggestione. Riconoscendo uno dei suoi sintomi, ci ricordiamo e facciamo rinascere gli altri. Siccome possediamo la sua canzone, incisa per intero dentro di noi, non abbiamo bisogno che una donna ce ne suggerisca l’inizio — colmo dell’ammirazione che ispira la bellezza — per trovarne il seguito. E se lei comincia a metà — là dove i cuori si avvicinano, dove si parla di esistere soltanto l’uno per l’altra, — l’abitudine che abbiamo a questa musica ci basta per raggiungere immediatamente la nostra compagna sulla nota dove lei ci aspetta.” 

 “A volte il futuro abita in noi senza che lo sappiamo, e le nostre parole che credono di mentire disegnano una realtà prossima.” 

 “La gelosia è sovente solo un inquieto bisogno di tirannide applicato alle cose dell'amore.” 

 “Crediamo che secondo il nostro desiderio cambieremo le cose intorno a noi, lo crediamo perché, al di fuori di questa, non vediamo nessun'altra soluzione favorevole. Non pensiamo a quella che il più delle volte si verifica e che è, anch'essa, favorevole: non riusciamo a cambiare le cose secondo il nostro desiderio, ma a poco a poco il nostro desiderio cambia. La situazione che speravamo di cambiare perché ci era insopportabile, ci diventa indifferente. Non abbiamo potuto superare l'ostacolo, come volevamo assolutamente, ma la vita ce lo ha fatto aggirare, oltrepassare e a stento, allora, volgendoci verso il passato in lontananza, riusciamo a scorgerlo, tanto è diventato impercettibile.” 

 “Ogni sera, forse, mettendoci a dormire, accettiamo il rischio di vivere dolori che consideriamo come inesistenti e non avvenuti perché saranno sofferti nel corso di un sonno che crediamo senza coscienza.” 

 “Non sempre la misoginia è indizio di spirito critico e di intelligenza. Talvolta è solo frutto di omosessualità.” 

 “Si guarisce da una sofferenza solo a condizione di sperimentarla pienamente.” 

 “L'infinito dell'amore, o il suo egoismo, fa sì che gli esseri che amiamo siano quelli la cui fisionomia intellettuale e morale sia per noi la meno oggettivamente definita.” 

 “L'abitudine è una seconda natura che ci impedisce di conoscere la prima di cui non ha né le crudezze né gli incanti.” 

 “È nella malattia che ci rendiamo conto di non vivere soli, ma incatenati a un essere appartenente a un regno diverso, dal quale ci separano abissi, che non ci conosce e dal quale è impossibile farci capire: il nostro corpo.” 

 “La malattia è il medico più ascoltato: alla bontà, alla scienza si fanno solo promesse; alla sofferenza si obbedisce.” 

 “Forse l'immobilità delle cose intorno a noi è loro imposta dalla nostra certezza che sono esse e non altre, dall'immobilità del nostro pensiero nei loro confronti.” 

 “Swann non cercava di trovar belle le donne con le quali passava il tempo, ma di passare il tempo con le donne che aveva trovato belle fin dal primo momento.” 

 “Si è l'uomo della propria idea; ci sono assai meno idee che uomini, e così tutti gli uomini della stessa idea si somigliano.” “L'irresponsabilità aggrava le colpe e persino i crimini, checché se ne dica.”

domenica 10 agosto 2025

Apologia della storia – Marc Bloch

“Papà, allora spiegami a che serve la storia. È così che pochi anni fa un ragazzino che conosco interrogava un padre storico. Del libro che state per leggere vorrei dire che è la mia risposta, perché per un autore non c’è lode più bella che l’essere in grado di parlare con lo stesso tono ai dotti e agli scolari. Ma una semplicità così alta è il privilegio di pochi eletti.” 

“Ma la storia non è l’orologeria né l’ebanisteria. È un tentativo di conoscere sempre di più: dunque qualcosa in continuo movimento.” 

 “Cos’è successo ogni volta che l’intervento della storia è sembrato necessario? Che è apparso l’umano.” 

“Dietro i tratti sensibili del paesaggio, gli strumenti o le macchine, dietro gli scritti apparentemente più freddi e le istituzioni che sembrano più completamente distaccate da coloro che le hanno fondate, la storia vuole cogliere gli uomini. Chi non vi riesce sarà al massimo un buon erudito. Il bravo storico, invece, somiglia all’orco della leggenda. Là dove fiuta carne umana, sa che c’è la sua preda.” 

“Il proverbio arabo l’ha detto prima di noi: Gli uomini somigliano più al loro tempo che ai loro padri.” 

“L’incomprensione del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato. Ma forse è altrettanto inutile mettercela tutta per capire il passato quando non si sa niente del presente.” 

“Il ruolo giocato dalle confische rivoluzionarie, come si è appena visto, è quello di una divinità non di rado benigna per chi fa la ricerca: la catastrofe. Innumerevoli municipi romani si sono trasformati in banali cittadine italiane, in cui solo con grandi sforzi l’archeologo riporta alla luce tracce dell’antichità; solo all’eruzione del Vesuvio si deve la sopravvivenza di Pompei.” 

“La storia soffre più di presbiopia che di miopia.” 

“Prima del lancio del dado, la probabilità che apparisse una faccia qualsiasi era una su sei; dopo il lancio, il problema svanisce. Potremmo esitare in un secondo momento a dire se quel giorno sia uscito il tre o il cinque. L’incertezza è in noi, nella nostra memoria o in quella dei nostri testimoni. Non è nelle cose.” 

“È da tanto tempo che dico ai miei studenti che la virtù principale dello storico è sapersi stupire. Ne sono sempre più convinto. Guai a chi di noi trova tutto naturale!” 

“Sostengo l’idea che uno storico non possa annoiarsi; perché professionalmente s’interessa allo spettacolo del mondo.” 

“La storia è prima di tutto conoscenza dei cambiamenti.” 

“Per capire un gruppo umano, la prima condizione essenziale è conoscere il suo passato.” 

“Non essendo profeti, non avevamo previsto il nazismo. Ma eravamo certi che – con sembianze di cui confessavamo di essere incapaci di tratteggiare con precisione i contorni – un giorno la reazione tedesca sarebbe arrivata, alimentata dai rancori di cui le nostre follie moltiplicavano i semi, e che il suo scatenarsi sarebbe stato terribile.” 
 
“Sulla pubblica piazza non abbiamo osato essere la voce che grida, all’inizio nel deserto, ma almeno – qualunque sia il risultato finale – può sempre riconoscersi il merito di aver urlato la propria fede. Abbiamo preferito ritirarci nella timorosa quiete dei nostri laboratori. Possano i nostri figli perdonare il sangue che è sulle nostre mani!”

martedì 5 agosto 2025

Il tempo migliore della nostra vita – Antonio Scurati

“Leone Ginzburg dice “no” l’otto gennaio del millenovecentotrentaquattro. Non ha ancora compiuto venticinque anni ma, dicendo “no”, s’incammina verso la propria fine.” 

“Mentre Ginzburg scrive il suo no al fascismo, nello studiolo risuonano frasi antiche, giunte fin lì da mondi lontani. Non intendo giurare. L’onore è un motivato rifiuto. L’onore è obbedire senza abbassarsi. L’onore è sentire la bellezza della vita.” 

“Non ebbi il coraggio, né dell’esempio, né del sacrificio.” 

“È qui che, lungamente atteso, finalmente Luigi Scurati arriva. Nasce il 19 luglio 1933, un martedì. Il venerdì precedente la Germania è stata ufficialmente dichiarata una nazione a partito unico. Il Partito nazista.” 

“La speranza nel futuro può essere, a volte, il più vigliacco degli inganni.” 

“Il 15 novembre del 1933 s’iscrive alla camera di commercio di Torino, come ditta individuale, la Giulio Einaudi editore, con sede in via Arcivescovado 7. Nasce così, con tre amici e una promessa di trecento lire, una delle più importanti imprese di cultura del Novecento.” 

“È difficile immaginare che la tua vita stia per finire finché non picchiano alla porta e il plotone di esecuzione ti trascina in strada.” 

“Ecco un’altra verità elementare con cui, al netto di tutte le sofisticherie e i ripensamenti, non smetteremo di fare i conti. La madre, la moglie, i figli. Poi si ritorna alla terra.” 

“Si ha notizia di un solo uomo che rifiuta di occupare la cattedra tolta a un collega ebreo: si chiama Massimo Bontempelli, è un poeta, un accademico d’Italia, in gioventù ha ferito Giuseppe Ungaretti in un duello ed è stato tra i fondatori del Partito fascista. Tutti gli altri, trovata la cattedra vacante, vi si accomodano.” 

“Questo il piano editoriale di Leone Ginzburg: la semplice idea secondo la quale tutto ciò che i padri, e i padri dei padri, hanno fatto di buono, di giusto e di bello non sarebbe vano perché giunge fino a noi.” 

“Soltanto la guerra ha risolto la situazione, travolgendo certi ostacoli, sgombrando il terreno da molti comodi ripari e mettendomi brutalmente a contatto con un mondo inconciliabile.” 

“Per tutta la vita Leone Ginzburg ha tenuto il suo posto di combattimento e lo ha tenuto senza mai, in tutta la vita, impugnare un’arma. L’Italia libera. Così s’intitola lo strumento di lotta al quale Leone, di nuovo in prima linea dopo l’8 settembre, di nuovo sacrifica tutto se stesso, compresa l’amatissima attività di editore.” 

“I tedeschi irrompono. In testa portano l’elmo d’acciaio a catino, attorno al petto nastri di mitragliatrici d’ottone luccicante, granate da lancio infilate nella cintura e mitragliatrici spianate. Il capoguardia urla un nome. Un unico nome. Dopo poco Leone Ginzburg è consegnato. Si avvia, gracile, tra i suoi nuovi carcerieri con il suo vestito blu strapazzato che spicca tra le pesanti uniformi verdognole.” 

“Il 4 febbraio sta male tutto il giorno. Verso sera un infermiere gli pratica un’iniezione di canfora. Leone sembra trarne giovamento. Chiede carta e penna e scrive. Scrive a Natalia, sua moglie. Poi muore durante la notte.” 

“Il senso della vita come qualcosa che può ricominciare da zero, questa l’eredità che la guerra lascia all’immensità del dopoguerra.” 

 “Io sono nato il 25 giugno 1969, a Napoli, sulla collina di Posillipo, sotto il segno del cancro, e ho avuto un’infanzia normale, una giovinezza normale, una vita normale.” 

“La vertigine si consuma. Il tempo si rimette in bolla. È quasi l’ora di pranzo. Un mezzogiorno qualunque di una tarda primavera in una città e in una nazione da ricostruire. Peppino s’incammina verso la bottega di macellaio. Lo attende la vita che gli resta da vivere.” 

“Ma era quello il tempo migliore della mia vita e solo adesso che m0è sfuggito per sempre, solo adesso lo so.”

mercoledì 30 luglio 2025

Vincenzo Consolo - Retablo

"Perché viaggiamo, perché veniamo fino in quest'isola remota, marginale? Diciamo per vedere le vestigia, i resti del passato, della cultura nostra e civiltate, ma la causa vera è lo scontento del tempo che viviamo, della nostra vita, di noi, e il bisogno di staccarsene, morirne, e vivere nel sogno d'ère trapassate, antiche, che nella lontananza ci fu figuriamo d'oro, poetiche, come sempre è nell'irrealtà dei sogni, sogni intendo come sostanza dei nostri desideri. Ma sempre tuttavia il viaggio, come distacco, come lontananza dalla realtà che ci appartiene, è un sognare. E sognare è vieppiù lo scrivere, lo scriver memorando del passato come sospensione del presente, del viver quotidiano. E un sognare infine, in suprema forma, è lo scriver d'un viaggio, e d'un viaggio nella terra del passato." 

 "Così, col viola e il bruno, si concludeva ancora un altro giorno. Poi domani, vicende sempre nuove, nuove avventure, ignote, che è l’essenza stessa della vita, che dentro i due certi punti, l’avvio e la sua fine, ricomincia l’avventura ogni mattina. E ancor di più l’essenza della vita dentro nel viaggio, per cui viaggio si fa dentro il viaggio, ignoto nell’ignoto." 

 "Io mi chiedei se non sia mai sempre tutto questo l'essenza d'ogni arte (oltre ad essere un'infinita derivanza, una copia continua, un'imitazione o impunito furto) un'apparenza, una rappresentazione o inganno, come quello degli òmini che guardano le ombre sulla parete della caverna scura, secondo l'insegnamento di Platone, e credono sian quelle la vita vera, il reale intero, come l'inganno per la follia dolce de l'ingegnoso hidalgo de la Mancha don Chisciotte, che combatté contra i molini a vento presi per giganti, o per furore tragico d'Aiace che fe' carneficina delle greggi credendola d'Atridi, o come l'llusione che crea ad ogni uom comune e savio l'ambiguo velo dell'antica Maya, velo benefico, al postutto, e pietoso, che vela la pura realtà insopportabile, e insieme per allusione la rivela; l'essenza dico, e il suo fine il trascinare l'uomo dal brutto e triste, e doloroso e insostenibile vallone della vita, in illusori mondi, in consolazioni e oblii." 

 "O gran pochezza, o inanità dell'uomo, o sua fralezza e nullità assoluta! O sua ferocia e ferina costumanza! O secol nostro superbo di conquiste e di scienza, secolo illuso, sciocco e involuto! Arrasso, arrasso, mia nobile signora, arrasso dalla Milano attiva, mercatora, dalla stupida e volgare mia città che ha fede solamente nel danee, ove impera e trionfa l'impostore, il bauscia, il ciarlatan, il falso artista, el teatrant vacant e pien de vanitaa, il governante ladro, il prete trafficone, il gazzettier potente, il fanatico credente e il poeta della putrida grascia brianzola. Arrasso dalla mia terra e dal mio tempo, via, via, lontan!"

venerdì 25 luglio 2025

Cose di Cosa Nostra – Giovanni Falcone

In genere in questo blog pubblico stralci di libri presenti e letti della mia biblioteca personale: lo faccio senza alcuna prefazione, ma qui è diverso. Il libro di Giovanni Falcone è qualcosa di più di un manuale o di una testimonianza. è una analisi storico sociale perfetta e puntuale della mia terra; è un libro di una dolcezza e una dignità infinite. Un modo per sentirsi fieri di essere siciliani.



“Cosa Nostra ha a sua disposizione un arsenale completo di strumenti di morte. Per il fallito attentato del 21 giugno 1989 alla villa che avevo affittato all’Addaura, vicino a Palermo, erano stati piazzati tra gli scogli cinquanta candelotti di esplosivo. La lupara ormai sta passando di moda.” 

 “In genere si ritiene che la mafia privilegi certe tecniche di omicidio rispetto ad altre. E’ un errore. La mafia sceglie sempre la via più breve e meno rischiosa. E’ questa la sua unica regola. Non ha alcuna preferenza di tipo feticistico per una tecnica o per un’altra. Il metodo migliore resta la lupara bianca, la scomparsa pura e semplice della vittima designata senza tracce del cadavere e neppure di sangue.” 

 “Dall’interno di una organizzazione come Cosa Nostra si giudicano le cose in maniera diversa che dall’esterno.” 

“Cosa Nostra si fonda sulla regola dell’obbedienza. Chi sa obbedire, eseguendo gli ordini con il minimo di costi, ha la carriera assicurata.” 

“Partecipare a un’azione violenta risponde generalmente a una logica rigorosa, quella che fa di Cosa Nostra l’organizzazione temibile che è. Sottolineo spesso questo concetto perché soltanto affrontando la mafia per quello che è – un’associazione criminale seria e perfettamente organizzata – saremo in grado di combatterla.”

“Impariamo a riflettere in modo sereno e laico sui metodi di Cosa Nostra: prima di sferrare l’attacco, l’organizzazione compie sempre uno studio serio e approfondito. Per questo è molto difficile prendere un mafioso con le mani nel sacco.” 

“Quando Buscetta, per giustificare il suo pentimento, mi ha detto che i suoi compagni avevano “violato le regole più elementari di Cosa Nostra e che con il loro comportamento avrebbero portato l’organizzazione alla rovina”, ho avuto la sensazione di vivere un grande momento, un momento storico. Una cosa che nel profondo del cuore speravo da lungo tempo.” 

“Devo dire che fin da bambino avevo respirato giorno dopo giorno aria di mafia, violenza, estorsioni, assassini. C’erano stati poi i grandi processi che si erano conclusi regolarmente con un nulla di fatto. La mia cultura progressista mi faceva inorridire di fronte alla brutalità, agli attentati, alle aggressioni; guardavo a Cosa Nostra come all’idra dalle sette teste: qualcosa di magmatico, di onnipresente e invincibile, responsabile di tutti i mali del mondo.” 
 
“Ho sempre saputo che per dare battaglia bisogna lavorare a più non posso e non mi erano necessarie particolari illuminazioni per capire che la mafia era una organizzazione criminale.” 

“Conoscevo Cosa Nostra nelle sue grandi linee. Ero in grado di capire Buscetta e quindi pronto a interrogarlo. Prima di lui, non avevo – non avevamo – che un’idea superficiale del fenomeno mafioso. Con lui abbiamo cominciato a guardarvi dentro. Ci ha fornito numerose conferme sulla struttura, sulle tecniche di reclutamento, sulle funzioni di Cosa Nostra. Ma soprattutto ci ha dato una visione globale, ampia, a largo raggio del fenomeno. Ci ha dato una chiave di lettura essenziale, un linguaggio, un codice. E’ stato per noi come un professore di lingue che ti permette di andare dai turchi senza parlare con i gesti.” 

“Buscetta mi ha fornito le coordinate che mi hanno permesso di mettere a punto un metodo di lavoro.” 

“Tutti all’epoca parlavano di enormi quantità di droga che partivano dalla Sicilia per gli Stati Uniti. Allora mi sono detto: Se hanno venduto droga in America del Nord, nelle banche siciliane saranno rimaste tracce delle operazioni realizzate. Così hanno avuto inizio le prime indagini bancarie. Fruttuose per il processo Spatola come per gli altri.” 

“Occuparsi di indagini di mafia significa procedere su un terreno minato: mai fare un passo prima di essere sicuri di non andare a posare il piede su una mina antiuomo.” 

“Al tribunale di Palermo sono stato oggetto di una serie di microsismi, fattisi via via più intensi con il passare del tempo. Davo fastidio.” 

“L’interpretazione dei segni, dei gesti, dei messaggi e dei silenzi costituisce una delle attività principali dell’uomo d’onore. E di conseguenza del magistrato.” 

“Nei miei rapporti con i mafiosi mi sono sempre mosso con estrema cautela, evitando false complicità e atteggiamenti autoritari o arroganti, esprimendo il mio rispetto ed esigendo il loro. E’ inutile andare a trovare un boss in carcere se non si hanno domande precise da porgli su indagini che riguardano la mafia, se non si è bene informati o se si pensa di poterlo trattare come un qualsiasi criminale comune.” 

“Quando saltano le regole ancestrali, quando lo Stato decide di combattere sul serio la magia, quando forze dell’ordine e magistrati fanno realmente e fino in fondo il proprio dovere, i comportamenti degli imputati cambiano.” 

"Nessuno forse si è mai dato la briga di capire come mai il “traditore” Buscetta al maxiprocesso di Palermo abbia potuto deporre nel silenzio assoluto delle gabbie piene di un centinaio di mafiosi. Il fatto è che Buscetta godeva di grande prestigio personale in seno all’organizzazione, ma soprattutto che, benché pentito e quindi infame, egli era stato vittima di un torto inammissibile da parte dei suoi compagni di un tempo. Avevano ucciso due dei suoi figli che non erano neppure uomini d’onore.” 

“Così, in Sicilia, è buona regola non girare armati, a meno di essere pronti a servirsi dell’arma. Se uno porta con sé la pistola, sa che deve usarla, perché sa che colui che gli sta di fronte, lui, lo farà. Il concetto di arma dissuasiva non esiste da queste parti. La pistola si porta perché serva a sparare e non a intimidire.” 

 “Questa è la Sicilia, l’isola del potere e della patologia del potere.” 

“E’ accettabile dunque che per la collaborazione prestata Contorno abbia dovuto perdere trentacinque parenti e Buscetta dieci?” 

“Per tre mesi abbiamo parlato in tutta tranquillità (col pentito Mannoia). Poi, diffusasi la notizia della sua collaborazione, Cosa Nostra gli uccide in un colpo solo la madre, la sorella e la zia. Il pentito reagisce da uomo e porta a termine le sue confessioni.” 

“La domanda da porsi dovrebbe essere un’altra: perché questi uomini d’onore hanno mostrato di fidarsi di me? Credo perché sanno quale rispetto io abbia per i loro tormenti, perché sono sicuri che non li inganno, che non interpreto la mia parte di magistrato in modo burocratico, e che non provo timore reverenziale nei confronti di nessuno. E soprattutto perché sanno che, quando parlano con me, hanno di fronte un interlocutore che ha respirato la stessa aria di cui loro si nutrono.” 

“Questa avventura ha anche reso più autentico il senso dello Stato. Confrontandomi con lo Stato-mafia mi sono reso conto di quanto esso sia più funzionale ed efficiente del nostro Stato e quanto, proprio per questa ragione, sia indispensabile impegnarsi al massimo per conoscerlo a fondo allo scopo di combatterlo.” 

“Io credo nello Stato, e ritengo che sia proprio la mancanza di senso dello Stato, di Stato come valore interiorizzato, a generare quelle distorsioni presenti nell’animo siciliano: il dualismo tra società e Stato; il ripiegamento sulla famiglia, sul gruppo, sul clan; la ricerca di un alibi che permetta a ciascuno di vivere e lavorare in perfetta armonia, senza alcun riferimento a regole di vita collettiva. Che cosa se non il miscuglio di armonia e di violenza primitiva è all’origine della mafia? Quella mafia che essenzialmente, a pensarci bene, non è altro che espressione di un bisogno di ordine e quindi di Stato.” 

“Si può benissimo avere una mentalità mafiosa senza essere un criminale. Quanto alla doppia morale, o doppiezza nell’anima siciliana, è un retaggio della storia, dei tempi in cui la Sicilia doveva difendersi dal mondo esterno, inventandosi un modo di essere che permettesse di resistere all’occupante e di sopravvivere. Gli invasori qui sono arrivati da ogni dove, e ogni volta ci si è dovuti adattare, o almeno far finta di adattarsi, in attesa che andassero via. Alla fine se ne sono andati, lasciandoci però un temperamento che definirei misoneista, fatto di apparente sottomissione e di fedeltà alle tradizioni, unite ad un orgoglio delirante.” 

“E quanto più lo Stato si disinteresserà della Sicilia e le istituzioni faranno marcia indietro, tanto più aumenterà il potere dell’organizzazione.” 

“Ma se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci assomiglia.” 

“La cultura della morte non appartiene solamente alla mafia: tutta la Sicilia ne è impregnata. Da noi il giorno dei morti è festa grande: offriamo dolci che si chiamano teste di morti, fatti di zucchero duro come pietra. Solitudine, pessimismo, morte sono i temi della nostra letteratura, da Pirandello a Sciascia.” 

“In Sicilia è del tutto fuori luogo mostrare in pubblico quello che proviamo dentro di noi.” 

“Ragionamento tipicamente mafioso e tipicamente siciliano: mai mettersi nella condizione di dover mostrare apertamente la propria forza e il proprio potere. Altra abitudine: i regali.” 

“E nella Palermo liberty le ultime splendide ville erano state demolite per far posto a brutti casermoni. Ho trovato quindi una città deturpata, involgarita, che in parte aveva perso la propria identità.” 

“In ogni caso non è ammissibile sostenere che versare una percentuale sia un atto innocente: implica, nella migliore delle ipotesi, il riconoscimento dell’autorità mafiosa.” 

“Ma la mafia non è una società di servizi che opera a favore della collettività, bensì un’associazione di mutuo soccorso che agisce a spese della società civile e a vantaggio solo dei suoi membri.” 

 “Si può sorridere all’idea di un criminale, dal volto duro come la pietra, già macchiatosi di numerosi delitti, che prende in mano un’immagine sacra, giura solennemente su di essa di difendere i deboli e di non desiderare la donna altrui. Si può sorriderne, come di un cerimoniale arcaico, o considerarla una vera e propria presa in giro. Si tratta invece di un fatto estremamente serio, che impegna quell’individuo per tutta la vita. Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi.” 

“E’ necessario studiare strategie differenziate a seconda del tipo di mafia che si deve affrontare. Più un’organizzazione è centralizzata e clandestina più è temibile, perché dispone dei mezzi per controllare efficacemente il mercato e mantenere l’ordine sul suo territorio, con un intervallo brevissimo tra processo decisionale ed entrata in azione. Le cose vanno valutate diversamente in un’organizzazione frazionata in più centri di potere. Il ragionamento vale anche a livello internazionale.” 

 “La mia grande preoccupazione è che la mafia riesca sempre a mantenere un vantaggio su di noi.” 

 “In Sicilia, per quanto uno sia intelligente e lavoratore, non è detto che faccia carriera, non è detto neppure che ce la faccia a sopravvivere. La Sicilia ha fatto del clientelismo una regola di vita. Difficile, in questo quadro, far emergere pure e semplici capacità professionali. Quel che conta è l’amico o la conoscenza per ottenere una spintarella. E la mafia, che esprime sempre l’esasperazione dei valori siciliani, finisce per fare apparire come un favore quello che è il diritto di ogni cittadino.” 

“La Sicilia è una terra dove, purtroppo, la struttura statale è deficitaria.” 

“Se chimici francesi di riconosciuta competenza hanno accettato di raffinare morfina-base a Palermo è certamente perché erano pagati profumatamente e sapevano di non correre grossi rischi, ma soprattutto perché i siciliani erano gli unici ad avere il pieno controllo del mercato della produzione e del commercio della droga.” 

 “Contrariamente a quanto si pensa, la Svizzera è uno dei paesi che prestano più collaborazione, perché ha compreso che è finita l’epoca in cui era possibile tenere il denaro sporco e lasciare i mafiosi fuori dalla porta. Il denaro della mafia comporta necessariamente, prima o poi, la presenza degli uomini e dei metodi mafiosi.” 

“Chiunque si occupi di lavori pubblici, in Sicilia e nel Mezzogiorno in genere, sa benissimo di dover acquistare il materiale dal tale fornitore e non dal talaltro.” 

“Possiamo sempre fare qualcosa: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto.” 

“Certo dovremo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Per lungo tempo, non per l’eternità: perché la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine. Ma con quali strumenti affrontiamo oggi la mafia? In un modo tipicamente italiano, attraverso una proliferazione incontrollata di leggi ispirate alla logica dell’emergenza.” 

“Solo il rigore professionale di magistrati e investigatori darà alla mafia la misura che la Sicilia non è più il cortile di casa sua e quindi servirà a smontare l’insolenza e l’arroganza del mafioso che non si inchina all’autorità dello Stato.” 

 “L’avere dimostrato la vulnerabilità della mafia costituisce una forza anche per gli investigatori nella misura in cui dà la consapevolezza che i mafiosi sono uomini come gli altri, criminali come gli altri, e che possono essere combattuti con una efficace repressione.” 

 “Quello che per noi è una professione, per gli uomini di Cosa Nostra è una questione di vita o di morte: se i mafiosi commettono degli errori, li pagano; se li commettiamo noi, ce li fanno pagare.” 

“Conosco i rischi che corro facendo il mestiere che faccio e non credo di dover fare un regalo alla mafia offrendomi come facile bersaglio.” 

“Professionalità nella lotta alla mafia significa anche avere la consapevolezza che le indagini non possono essere monopolio di un’unica persona, ma frutto di un lavoro di gruppo.” 

 “Credo che Cosa Nostra sia coinvolta in tutti gli avvenimenti importanti della vita siciliana, a cominciare dallo sbarco alleato in Sicilia durante la seconda guerra mondiale e dalla nomina di sindaci mafiosi dopo la Liberazione.” 

 “Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.”

domenica 20 luglio 2025

La generazione ansiosa – Jonathan Haidt

“Immaginate che quando la vostra primogenita compia dieci anni, un miliardario visionario che non avete mai visto prima la selezioni per il popolamento del primo insediamento umano permanente su Marte.” 

“Nessuna azienda al mondo ci porterebbe via i figli e li metterebbe in pericolo senza il nostro consenso, con il rischio di esporsi a pesanti responsabilità. Sbaglio?” 

“Molti genitori constatarono con sollievo che uno smartphone o un tablet potevano tenere impegnati e tranquilli i bambini per ore. Era sicuro? Non si sapeva, ma siccome lo facevano tutti, si supponeva di sì.” 

“Progettando un flusso di contenuti accattivanti che penetrano negli occhi e nelle orecchie dei bambini e sostituendo il gioco fisico e la socializzazione dal vivo, questa aziende hanno riconfigurato l’infanzia e alterato lo sviluppo umano su scala quasi inconcepibile.” 

“Lasciamo crescere i bambini sulla Terra, prima di spedirli su Marte.” 

“La Generazione Z è diventata la prima della storia ad attraversare la pubertà con in tasca un portale che la distoglieva dalle persone vicine e la attirava verso un universo alternativo esaltante, instabile, che creava dipendenza e, come dimostrerò, non era adatto a bambini e adolescenti. Ottenere il successo sociale in quell’universo richiedeva ai ragazzi di dedicare gran parte delle energie, continuamente, alla gestione del proprio brand online. Era necessario per ottenere l’approvazione dei coetanei, che è l’ossigeno dell’adolescenza, e per evitare lo shaming online, l’incubo dell’adolescenza.” 

“La tesi centrale di questo libro è che queste due tendenze – iperprotezione nel mondo reale e scarsa protezione nel mondo virtuale – sono le principali ragioni per cui i bambini nati dopo il 1995 sono diventati una generazione ansiosa.” 

“La generazione ansiosa è un libro su come riappropriarsi della vita dell’uomo per gli esseri umani di ogni generazione.” 

“Gran parte dei genitori non vuole che i figli abbiano un’infanzia fondata sul telefono, ma in un certo senso il mondo si è riconfigurato e i genitori che si oppongono condannano i figli all’isolamento sociale.” 

“Le persone non cadono in depressione quando affrontano un pericolo: cadono in depressione quando si sentono isolate, sole o impotenti.” 

“Quando nei primi anni Dieci del Duemila abbiamo dato gli smartphone alla Gen Z è stato un po’ come se l’avessimo spedita su Marte, nel più grosso e incontrollato esperimento che l’umanità abbia mai condotto sui propri bambini.” 

“Giocare è il lavoro dell’infanzia, e tutti i giovani mammiferi hanno il medesimo compito: configurare il cervello giocando spesso e con energia.” 

“È nel gioco autonomo, senza supervisione, che i bambini imparano a sopportare i lividi, gestire le emozioni, interpretare gli stati d’animo dei coetanei, fare a turno, risolvere conflitti e giocare con correttezza.” 

“È da tempo che gli smartphone sono particolarmente efficaci nell’interferire con il legame genitore-figlio. Bombardati da costanti notifiche e interruzioni, alcuni genitori si occupano più dello smartphone che dei figli, anche quando ci stanno giocando.” 

“Qualsiasi bambino che trascorra il periodo sensibile utilizzando massicciamente i social network verrà plasmato dalle culture di quei siti.” 

“L’infanzia è un apprendistato per acquisire le competenze necessarie al successo nella propria cultura.” 

“Stiamo iperproteggendo i nostri figli nel mondo reale mentre non li proteggiamo abbastanza online. Se davvero vogliamo tenere al sicuro i bambini, dovremmo ritardare il loro ingresso nel mondo virtuale e mandarli invece a giocare nel mondo reale. Il gioco all’aperto senza supervisione insegna ai bambini come gestire rischi e difficoltà di vario tipo.” 

“Tenete in mente questa frase quando vedete qualcuno (voi inclusi) eseguire movimenti ripetitivi su un touch screen, quasi in trance: spianare un percorso nel cervello.” 

“Gli smartphone catturano la nostra attenzione con una tale efficacia che, al solo avvertire la vibrazione in tasca per un decimo di secondo, molti di noi interrompono una conversazione a tu per tu, per controllare che non si tratti di qualche importante aggiornamento. Di solito, non chiediamo all’altra persona di aspettare, ci limitiamo a tirare fuori il telefono e a dare un’occhiata, lasciando nell’altro la ragionevole sensazione di essere meno importante dell’ultima notifica.” 

 “Quando abbiamo concesso gli smartphone a bambini e adolescenti nei primi anni Dieci, abbiamo dato alle aziende la possibilità di applicare programmi di rinforzo a rapporto variabile tutto il giorno, di addestrarli come ratti negli anni più sensibili della configurazione del cervello. Queste aziende hanno sviluppato app che creano dipendenza e che hanno inciso profondissimi percorsi nel cervello dei nostri figli.” 

“È questo il grande paradosso dei social: più ti ci immergi, più diventi solo e depresso.” 

“La vita fondata sul telefono produce degrado spirituale, non solo negli adolescenti, ma in tutti noi.” 

“La vita fondata sul telefono rende difficile alle persone essere pienamente presenti quando sono con gli altri e stare con se stesse in silenzio quando sono da sole.” 

“C’è un vuoto in tutti noi che ci sforziamo di riempire. Se non verrà riempito con qualcosa di nobile ed elevato, la società moderna si affretterà a pomparci dentro una montagna di spazzatura.” 

“I progettisti hanno capito ormai da tempo che ridurre la frizione o lo sforzo aumenta il tempo trascorso, perciò caratteristiche come la riproduzione automatica e lo scroll infinito incoraggiano la fruizione di contenuto in automatico, come se fossimo zombie.” 

“Sono queste le due balene: bandire i telefoni e offrire molto più gioco libero non strutturato. Una scuola senza telefoni e con tanto gioco sta investendo nella prevenzione. Sta riducendo l’iperprotezione nel mondo reale, cosa che aiuta i bambini a coltivare l’antifragilità. Al contempo, allenta la presa nel mondo virtuale, favorendo pertanto apprendimento e relazioni migliori nel mondo reale.” 

“Secondo Gopnik, per crescere un figlio è meglio usare l’approccio mentale di un giardiniere. Il vostro compito è creare uno spazio protetto e ricco di nutrimento in grado di fare crescere le piante. Ci vuole impegno ma non è necessario essere dei perfezionisti. Strappate le erbacce, innaffiate il giardino, poi fate un passo indietro e le piante faranno la loro parte, in maniera.” 

“Non dovete rendere ogni secondo speciale o educativo. È una relazione, non una lezione. Ma ciò che fate conta molto di più di ciò che dite, perciò tenete sotto controllo le vostre abitudini con il telefono. Siate un buon modello di comportamento che non divide continuamente la sua attenzione tra il cellulare e il bambino.” 

“Allenatevi a perdere di vista i vostri figli senza che abbiano modo di contattarvi.” 

“Il campo estivo è una grande opportunità per genitori e figli di perdere l’abitudine al contatto costante e, soprattutto per i genitori, alla costante rassicurazione che i loro figli stiano bene.” 

“Posticipate a sedici anni la creazione di account social.” 

“Alla fine, dovrete lasciarli andare online. Ma se riuscite a mantenere più bassa la quantità di tempo online e più alta la qualità in questo lungo periodo dell’infanzia e della prima adolescenza (sei-tredici anni), farete spazio a un maggior coinvolgimento con il mondo reale e guadagnerete tempo perché il cervello dei vostri figli sviluppi un migliore autocontrollo e un’attenzione meno frammentata.” 

 “1. Niente smartphone prima della scuola superiore. 2. Niente social media prima dei sedici anni. 3. Scuole senza telefono. 4. Molto più gioco senza supervisione e indipendenza nell’infanzia.” “Qui, la lezione più importante è parlare. Se pensate che l’infanzia basata sul telefono sia negativa per i bambini e volete vederli tornare a un’infanzia basata sul gioco, ditelo. Molte persone condividono i vostri sospetti ma non sanno bene cosa fare.” 

“La Grande Riconfigurazione dell’Infanzia, da basata sul gioco a basata sul telefono, è stata un fallimento di proporzioni catastrofiche. È tempo di mettere fine all’esperimento. Riportiamo a casa i nostri figli.