“Il 22 giugno del 1941 l’esercito tedesco aveva poi invaso la Russia sovietica. Il successo iniziale impedì a Hitler di cogliere la vera natura – granitica – delle forze fisiche e psicologiche contro cui si era mosso. Che non erano affatto fittizie, anzi: erano le forze del grande popolo che aveva gettato le basi del mondo a venire.”
“Il contadino che lascia la sua casa e va al fronte non pensa a gloria e medaglie. Pensa che sta andando a morire.”
“Lui non si girò a guardarla, non si fermò; continuò a camminare incontro al rosso dell’alba che si levava sulla terra che lui stesso aveva arato. Il vento freddo gli sferzava il viso e soffiava fuori dai vestiti il calore, il respiro stesso della sua casa.”
“Della guerra gli aveva detto cose che non si imparano sui libri e nei regolamenti, e che servono e contano solo per chi la guerra la fa e ha poche speranze di arrivare vivo alla fine, e non per quelli che, dopo, vorranno sapere com’è andata.”
“Il suo paese era un’unica, immensa casa dove tutto gli era straordinariamente e infinitamente caro: le stanze di campagna col legno imbiancato di calce, quelle di città con i paralumi colorati, le biblioteche silenziose, i saloni inondati di luce, gli angoli rossi delle caserme…
Tutto quello che aveva di caro andava a fuoco. Andava a fuoco la Russia. E il suo cielo era una coltre di fumo.”
“Al dolore di avere perso l’Ucraina se ne aggiunse un altro, lancinante: lo Stato maggiore del Fronte Sud-Occidentale era arrivato al Volga. Alle loro spalle c’erano solo le steppe del Kazakistan.”
“E tra la polvere, il fumo e il fuoco degli scontri nella steppa cominciava ad affiorare un nome: quello del comandante della 6° armata di fanteria tedesca, colonnello generale Paulus.”
“Anche con il cuore che soffre, anche quando nell’anima si ha un peso più greve del piombo, gli uomini – soldati semplici o generali che siano – sono comunque sempre capaci di ridere e scherzare.”
“Proprio Stalingrado, dove persino i più conservatori erano disposti ad ammettere il trionfo pieno della guerra di movimento, sarebbe diventata teatro di una difesa di posizione senza eguali possibili nella storia del mondo, dall’assedio di Troia alla battaglia delle Termopili.”
“Mentre si lavavano collo e teste rasate sbruffando compiaciuti, i soldati capivano il senso recondito e simbolico di quelle abluzioni? Per le sorti della Russia, quel battesimo di massa nel Volga prima di una battaglia disperata per la libertà poteva risultare persino più fatale di quello nel Dnepr mille anni prima.
Quando si furono lavati, i soldati si sedettero sulla riva, sotto i dirupi, a fissare la steppa cupa e sabbiosa dall’altra parte del Volga. In tutti gli occhi, fossero quelli di un vecchio autista, di un giovane puntatore o di Timosenko in persona, si leggeva la tristezza. Sotto i dirupi correva il confine estremo della Russia; dall’altra parte iniziavano le steppe del Kazakistan.
Se gli storici del futuro vorranno capire quale fu il punto di svolta della guerra, dovranno arrivare in quel tratto del Volga, immaginarsi un soldato seduto ai piedi della roccia e provare a figurarsi cosa stava pensando.”
“La fase in cui era entrato, però, era anche quella in cui gli scossoni della vita aiutano a capire che la vicinanza quotidiana e un’abitudine vecchia di anni sono quanto di significativo e poetico – nel senso autentico e sommo del termine – tiene insieme due persone che hanno camminato l’una accanto all’altra dalla giovinezza ai capelli bianchi.”
“Nel profondo del suo cuore ardeva sempre la luce calma e triste che lo aveva accompagnato per tutta la vita: l’amore di sua madre.”
“Nemmeno il sole vivido del mattino riusciva a mitigare la tristezza cupa della stazione in tempo di guerra: i bambini che dormivano su casse e fagotti, i vecchi che ruminavano un tozzo di pane, le donne intontite dalla stanchezza e dal pianto dei figli, le reclute con i loro grandi sacchi in spalla, i feriti con la faccia pallida, i soldati in partenza per nuove destinazioni.”
“E davvero, in tempo in cui l’anima ha i calli della sofferenza, più che mostrare compassione per le vittime è facile maledire i carnefici.”
“In tempo di pace nessuno potrà sperare di rivedere un cielo come quello che c’era sopra Mosca oscurata in quelle sere d’estate, la calma convinta con cui il buio si posava sui muri dei palazzi e faceva scomparire i marciapiedi e il selciato delle piazze.”
“Quattro armate tedesche di fanteria e due di panzer con tanto di retroguardia, carriaggi e servizi vari si trovavano a due giorni di marcia dalla Piazza Rossa, dal Cremlino, dall’Istituto Lenin, dal Bol’soj e dal Teatro d’Arte, da scuole e centri di maternità, da Ceremuski e Sadovniki, da piazza Razguljaj, dai monumenti a Puskin e Timirjazev.”
“La seconda dipendeva dal fatto che l’uomo non resiste a lungo in condizioni di tensione estrema incompatibili con la vita. In tali condizioni, dunque, si abitua e si tranquillizza non perché all’esterno qualcosa cambi in meglio, ma perché dentro di lui l’attesa si dissolve, spazzata via dalla fatica e dalle preoccupazioni quotidiane. E’ come quando un malato si placa non perché sta guarendo, ma perché impara a convivere con la malattia.”
“A Tolstoj era andata meglio: il suo libro, straordinario, splendido, lo aveva scritto quando il dolore tremendo che tutti avevano vissuto con ogni vena, con ogni goccia di sangue e ogni palpito del cuore si era ormai dissolto, quando nella memoria era rimasto solo un ricordo lucido, terso, maestoso…”
“Su quel ponte Krymov ebbe la percezione della sua forza, la forza di chi cammina a passo lento verso ovest mentre tutti gli altri scappano a est.”
“E’ enorme, la steppa. E come il cielo e il mare prendono colore al tramonto, così la terra dura e riarsa della steppa, grigiastra e giallognola durante il giorno, la sera cambia colore.
E’ questo che la rende simile al mare. La sera la steppa diventa rosa, poi blu, poi di un nero violastro.”
“Il 7 luglio i primi spari sancirono l’inizio della battaglia in difesa della periferia di Stalingrado.”
“Il grosso delle formazioni tedesche di fanteria e blindati aveva l’ordine di arrivare sul Don, aprirvi una breccia, superare quello che gli ufficiali tedeschi chiamavano il collo di bottiglia, vale a dire lo spazio fra il Don e il Volga, ed entrate a Stalingrado, entro il 25 del mese.
Questo era l’obiettivo che Hitler aveva fissato per le sue truppe.”
“Mentre guadagnava il centro di Kiev, Krymov pensò di essere finito all’inferno.
Le truppe sovietiche stavano lasciando la capitale dell’Ucraina…Avanzavano lentamente, occupando tutto il Krescatik: la fanteria, i carri, la cavalleria, i cannoni…
Sembravano diventati tutti muti. Camminavano a testa bassa, senza guardarsi intorno.”
“Com’era pesante, la terra! Cavare gli stivali dal fango, sollevare il piede, fare un passo e poi ricominciare da capo costava una fatica enorme… Tutto, tutto era pesante, in quelle giornate d’autunno del 1941 segnate dal maltempo.”
“Nell’ora in cui la tragedia incombeva sul paese dei Soviet, in cui le armi forgiate nella Ruhr facevano sentire la loro voce intorno a Mosca, in cui i panzer neri di Krupp buttavano giù i pioppi e gli abeti dei boschi vicino a Malojaroslavec, in cui gli ingegneri missilistici tedeschi illuminavano il cielo d’inverno sopra il Cremlino con i sinistri fuochi all’anilina della BASF; nell’ora in cui, nelle radure tra i boschi, l’eco ripeteva obbediente e sorda le grida blese degli ordini nazisti, e nell’etere, con accento prussiano, bavarese, sassone o del Brandeburgo, si diffondevano crudeli “Folgen… freiweg… richt, Feuer… direkt richt” a onde corte che ferivano l’orecchio – proprio in quell’ora, con la sua calma austera, Mosca era alla testa di città, villaggi e campagne russe.”
“Le truppe iniziarono a filare sotto il mausoleo di Lenin. Era la marcia austera e solenne dell’esercito del popolo, con le orde di Hitler alle porte di Mosca.”
“Fu proprio in quei giorni che al senso di sciagura nazionale e all’odio per gli occupanti, non privo di qualche pennellata tragica, si aggiunse una nuova sfumatura di scherno, disprezzo e dileggio.
Proprio in quei giorni i tedeschi smisero di essere “quelli”, e fra bunker e trincee, negli abitacoli dei blindati e nei reparti di artiglieria diventarono “crucchi”, “mangiacrauti” e “kartofeln”.”
“Si diventa amici non solo perché ci si somiglia, ma anche perché si è diversi.”
“Dalla guerra, però, non si scappa davvero, la guerra ti segue sempre come un’ombra nera, e più provi a sfuggirle, più lei è svelta a rincorrerti. Chi arretra se la tira comunque dietro, la guerra. Quegli spazi sterminati illudevano e deludevano. Ti lasciavano credere di avercela fatta, ma così non era.”
“Calò la sera. Di nuovo la distesa piatta della steppa si tinse dei colori roridi del tramonto. Di nuovo, nel cielo luce e buio si sfidarono a silenziosa tenzone. E di nuovo gli odori della sera e i suoni soffusi della terra condannata alle tenebre spiravano ansia e tristezza.”
“Il destino di un grande paese, di un grande popolo, del mondo intero si decideva in quei giorni: ritirarsi ancora non si poteva.”
“Non c’è regolamento o norma che dica cosa prova, cosa pensa, come si comporta un uomo che deve stare con la faccia contro il fondo di una trincea mentre neanche due spanne sopra la sua fragile testa sporca di terra sferragliano i cingoli di un panzer nemico e il naso gli si riempie dell’odore caldo e unto dei gas di scarico misti alla polvere asciutta. Nei regolamenti non si impara cosa c’è negli occhi della gente quando la notte scatta un improvviso allarme aereo e risuonano gli scoppi delle granate e le raffiche dei mitra, con i razzi segnaletici tedeschi che squarciano il buio.”
“Della guerra coi francesi non restavano testimoni oculari, ormai era solo nei libri; la guerra coi tedeschi non era nei libri, invece, ma nella memoria viva e nell’esperienza amara di tutto un popolo.”
“La battaglia per la difesa di Stalingrado non fu una battaglia come le altre. E si combatté nel momento esatto in cui la produzione sovietica di motori militari e cannoni aveva superato quella tedesca, nel momento esatto in cui un anno di lavoro della classe operaia e un anno di guerra avevano azzerato il vantaggio dei nazisti quanto ad armamenti ed esperienza bellica. Fu allora che la guerra di movimento sovietica poté sbocciare incontrastata; fu allora che, non senza terrore, i tedeschi sentirono alle spalle la voce delle immense distese che avevano conquistato e che ora li chiamava alla ritirata, e fu allora che per la prima volta temettero l’accerchiamento, morbo crudele che prende le menti, i cuori e le gambe di soldati e generali.” ”
“A chi si prepara ad accogliere il nemico non può che far piacere constatare di avere altri compagni schierati al proprio fianco, spalla a spalla, pronti allo scontro imminente.”
“La steppa tace, e verso nord, dove le macchie di luce finiscono, terra e cielo si fondono in un nero torvo, inquieto. Fa molto caldo, la notte non ha portato sollievo ed è intrisa d’angoscia, ma spaventa anche il silenzio, che non porta quiete; il buio a nord è terribile, ma più terribile ancora è la luce tremula che si fa via via più vicina.”
“Hitler credeva che lo Stato da lui creato sulle fondamenta di una violenza inaudita sarebbe durato almeno un millennio.
Le macine della storia, invece, già avevano cominciato a ridurre in polvere le sue idee, i suoi eserciti, il suo Reich, il suo partito, la sua scienza e la sua patetica arte, i suoi feldmarescialli e Gauleiter, lui stesso e il futuro della sua Germania. Il suo successo divenne il suo fallimento più grande e tremendo. Che costò all’umanità sofferenze inenarrabili.
Il corso della storia contraddisse tutte le sue idee. Nulla di quanto aveva promesso si realizzò. Nulla di ciò che aveva combattuto fu sconfitto, ma anzi prese nuovo vigore e mise radi più forti.”
“E se le forze delle tenebre dovessero generare nuovi hitler con nuovi piani criminali contro l’umanità, nuovamente capaci di far leva sui bassi istinti della gente, sull’ignoranza e sui pregiudizi, che nessuno s’azzardi a cercare in loro una qualche grandezza.
Chi compie crimini contro l’umanità è un criminale, e non smette di esserlo perché la storia serba memoria di quanto ha commesso: sono le sue devastazioni che i secoli ricorderanno.
Non sono eroi: sono carnefici e farabutti. Sono figli di forze oscure e cieche.
Gli eroi della storia, le autentiche personalità storiche, i leader dell’umanità sono e sempre saranno soltanto coloro che portano la libertà, che nella libertà vedono la forza di un uomo, di un popolo, di uno Stato; sono coloro che combattono per l’uguaglianza sociale, razziale e lavorativa di tutti gli uomini, di tutti i popoli grandi e piccoli di questo mondo.”
“E in questo risiede la speranza del genere umano: sono le persone semplici a compiere le grandi imprese.”
“Come un ingegnere chiamato a mettere in moto centinaia di ingranaggi grandi e piccoli, Friederich Paulus si alzò dal tavolo e accese un sigaro: ora doveva solo aspettare che la pesante mannaia della guerra tedesca si abbattesse su Stalingrado.”
“Chi ha sentito il fischio, l’ululato dell’aria squarciata dalle bombe non se lo dimenticherà finché campa. Le bombe si schiantavano a terra. Si conficcavano nella città. E i palazzi morivano come gli esseri umani.”
“La sofferenza umana! Se ne sarebbero ricordati, nei secoli a venire? Perché le pietre degli enormi palazzi e la gloria dei generali restano, ma la sofferenza no; la sofferenza è fatta di lacrime e sussurri, di ultimi respiri e del rantolo di chi muore, di grida e di disperazione e di dolore, ma scompare senza lasciare traccia, insieme al fumo e alla polvere che il vento disperde nella steppa.”
“Quando arrivava il fischio delle bombe, prima sottile e sinistro, poi fragoroso e ululante, tutti trattenevano il fiato e chinavano la testa in attesa del colpo… E in quei secondi di attesa, scissi in centinaia di frazioni lunghissime, infinite e tutte diverse l’una dall’altra, non c’erano respiri né desideri né ricordi; a riempire per intero ogni corpo era solo l’eco di quel fischio metallico cieco.”
“Durante una pausa dei bombardamenti, sdraiata nel giardino, Vera vide con l’occhio sano che il mondo sotto, quello cui era abituata, aveva soppiantato di nuovo quello fatto di fiamme.”
“Quei minuti e quelle ore – così pareva ai piloti tedeschi che attraversavano il muro tremendo del fuoco antiaereo e sorvolavano quel calderone di fumo e fiamme – erano esattamente ciò che Hitler aveva promesso: il trionfo della violenza tedesca sul mondo. Chi soffocava nel fumo, in scantinati, fossi e rifugi, fra le macerie roventi di palazzi ridotti in cenere, chi terrorizzato tendeva l’orecchio al ronzio sinistro e trionfante dei bombardieri sopra la città era sconfitto per sempre, credevano.
E invece no! Nelle ore fatali in cui l’enorme città moriva, accadde qualcosa di davvero grande: nel sangue, in quella nebbia di pietra incandescente, la Russia non si fece schiava né morì; fra la cenere ardente e il fumo, la forza dell’uomo sovietico, il suo amore, la sua dedizione alla libertà resistettero ostinatamente, indistruttibili, e fu proprio quella forza indistruttibile a trionfare sulla violenza mostruosa, ma vana, di chi voleva renderla schiava.”
“La fabbrica decide se gli ingegneri sorridono o hanno la faccia scura, se gli operai faranno la fame o staranno bene, la fabbrica sceglie quando si mangia e quando ci si riposa, quando la gente esce o torna a casa, la fabbrica scrive l’orario dei treni e le delibere del soviet cittadino; verso la fabbrica portano le strade, i negozi, i giardinetti, le rotaie dei treni e dei tram… Alla fabbrica si pensa, della fabbrica si parla, alla fabbrica si va e dalla fabbrica si torna.
E’ ovunque, la fabbrica; nella testa, nel cuore, nella memoria dei vecchi; è il futuro e il destino dei giovani; è la ragione di ansie, gioie e speranze… Respira, la fabbrica, stride; i suoi rumori, l’odore, il calore sono ovunque; la fabbrica è nelle orecchie, nelle narici, nella pelle…”
“Il tempo è sempre nemico dell’azzardo e sempre amico della forza autentica. Il tempo è amico di chi sta dalla parte della storia e nemico di chi è senza futuro. Il tempo smaschera sempre la forza finta e premia la forza vera.”
“Restarono qualche momento in silenzio, un silenzio che chi sta per mettersi a bere in compagnia conosce bene: è il silenzio di quando si ha già voglia di parlare di cose più personali, ma senza un bicchiere la conversazione non ingrana, e dunque lo si aspetta saggiamente, il primo bicchiere, per poi concedersi a uno scambio vero.”
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Per aspera ad astra