“Come una pagina bianca, il nome Candido: sulla quale, cancellato il fascismo, bisognava imprendere a scrivere vita nuova.”
“Come poi entrambi avessero attraversato ginnasio, liceo e università senza mai sentire parlare di Voltaire e di Candido, non è da stupirsene: capita ancora.”
“O la Democrazia Cristiana o il Partito Liberale: tra questi due si addiceva e conveniva che il generale scegliesse. Il generale vinse la repugnanza che sentiva per i preti ricordando che in Spagna aveva combattuto per la fede di Cristo: e scelse la Democrazia Cristiana.”
“E proprio durante una di queste messe, a Candido avvenne di scoprire, un pensiero dietro l’altro, che la morte è terribile non per il non esserci più ma, al contrario, per l’esserci ancora e in balìa dei mutevoli ricordi, dei mutevoli sentimenti, dei mutevoli pensieri di coloro che restavano…”
“Fisicamente, Candido aveva qualcosa di gattesco: un che di morbido, di vellutato, di indolente; un guardare sonnecchioso e svagato che a momenti si restringeva e si accendeva di attenzione; un muoversi lento e silenzioso che a volte diventava, sempre silenziosamente, scattante. E così nella mente: pieno di fantasie, divagante ed estravagante; ma sempre in agguato. E peraltro gli piaceva, assomigliarsi a un gatto: per la libertà che sapeva di avere, per il nessun legame con le persone che gli stavano intorno, per la capacità di bastare a se stesso.”
“Mai aveva pensato che un uomo potesse avere su un altro un potere che venisse dal denaro, dalle terre, dalle pecore, dai buoi”
"E credo che gli uomini che sanno qualcosa di sè, che vivono e si vedono vivere, si dividano in due grandi categorie: quelli che sanno che la ricchezza è morta ma bella e quelli che sanno che è bella ma morta. Tutto sta nel ruotare di due parole intorno un “ma”… Per me è ancora bella ma sempre più morta, sempre più morte.”
“Le voci – disse tranquillamente Candido – sono quasi sempre vere.”
“E poi, diceva il dotto teologo, non che la verità non sia bella: ma a volte fa tanto di quel danno che il tacerla non è colpa ma merito.
Consegnando al teologo il foglio delle dimissioni, l’arciprete non più arciprete con tono parodiante, quasi cantando, disse: Io sono la via, la verità e la vita; ma a volte sono il vicolo cieco, la menzogna e la morte.”
“Se fossi Dio, di tutto questo mi offenderei.”
“I fatti furono debitamente integrati, salacizzati e, nel senso della malevolenza, abbelliti.”
“La scuola, in cui benissimo era andato riguardo a promozioni e a voti, in effetti gli era servita per leggere tutti quei libri che niente avevano a che fare con la scuola e molto con la vita.”
“Una felicità ottenuta facilmente prima non è la stessa di una felicità ottenuta difficoltosamente dopo; non si può nemmeno dire felicità quella di cui si gode inconsapevolmente, senza essere passati attraverso la sofferenza.”
“O la nostra vita è ormai tutto ciò che è stato scritto?…Crediamo di vivere, di essere veri, e non siamo che la proiezione, l’ombra delle cose già scritte.”
“Fatica, soltanto fatica nel giro sempre uguale delle stagioni; così come sempre era stato per i contadini, sempre a maledire pioggia o sole, grandine e brinate, la filossera che si attaccava alle vigne e il mal nero che si attaccava al grano. Ed era la più vera allegoria della vita, quella che ogni giorno la campagna apriva sotto l’occhio del contadino: fatica ogni giorno insidiata, spesso annientata; mali che invisibilmente insorgevano e inesorabilmente si propagavano.”
“Dalla porta dell’ufficio del giudice il cancelliere chiamò: Munafò Candido – e Candido varcò la soglia dell’ufficio. Dietro una scrivania stava un giudice: una faccia dura innaturalmente aperta a un sorriso, i capelli folti e neri sulla fronte bassa. Alla sua destra, ma come in disparte, sedeva un uomo magrissimo, gli occhi spiritati, la mano che continuamente entrava a pettine tra i capelli scomposti, nervosamente. Dietro una scrivania più piccola, il cancelliere.”
“Furono anche spettatori di cose che sapevano potessero accadere e accadevano, che lette su un giornale sarebbero scivolate via senza lasciar tracce: ma viste restavano indelebili ed emblematiche.”
“Intanto, Torino diventava una città sempre più cupa. Era come confusamente sdoppiata, come liquidamente divisa: due città che reciprocamente si assediavano, nevroticamente, senza che di ciascuna si riconoscessero le posizioni, le difese, gli avamposti, i cavalli di Frisia e di Troia. Il nord e il sud d’Italia vi si agitavano, pazzamente cercavano di evitarsi e al tempo stesso di colpirsi: entrambi imbottigliati a produrre automobili, un necessario a tutti superfluo, un superfluo a tutti necessario.”
“Anche il nord e il sud d’Italia erano come due scorpioni nella bottiglia: nella bottiglia che era Torino.”
“E una delle ragioni del loro amore a Parigi – oltre quelle dell’amore all’amore, dell’amore alla letteratura, dell’amore alle vecchie e piccole cose e ai piccoli e antichi mestieri – stava nel fatto che vi si poteva ancora camminare, ancora passeggiare, ancora svagatamente andare e fermarsi e guardare.”
“Una sera, che erano vicini a partire per Parigi e si sentivano come presi in un sogno, come dentro un sogno, Candido disse: Sai cos’è la nostra vita, la tua e la mia? Un sogno fatto in Sicilia. Forse siamo ancora lì, e stiamo sognando.”
“Francesca e Candido chiesero un caffè; don Antonio un armagnac: e perchè non riusciva a bere più di un sorso del caffè che si faceva a Parigi, e perchè a Parigi voleva mangiare e bere secondo letteratura.
Armagnac, dunque. O Pastis. O calvados. Strenuo omaggio alla letteratura, per un mezzo bicchiere di vino rosso sui pasti del mezzogiorno e della sera: come quasi tutti i siciliani.”
“Dolcemente ma con forza Candido lo staccò dal palo, lo sorresse, lo trascinò. Non ricominciamo coi padri – disse. Si sentiva figlio della fortuna, e felice.”
“Se non il risultato, valga dunque l’intenzione: ho cercato di essere veloce, di essere leggero. Ma greve è il nostro tempo, assai greve.