mercoledì 3 dicembre 2025

Così eravamo – Francesco Guccini

 “C’è già in circolazione la penna a sfera, ma è misteriosamente vietata. Ti sei accomodato nel banco, sicura promessa di scoliosi, ultimo banco a sinistra entrando, quando il tuo compagno ti ha dato la notizia.” 

 “La guerra, d’altra parte, è finita da poco, sette o otto anni, non se ne parla quasi più, o lo si fa come di un’epidemia che ha lasciato tutti attoniti con la paura di rimanere infettati, ma qualche simbolo è rimasto, come le panchine senza i legni, come certe famiglie ritornate dallo sfollamento che hanno trovato la casa occupata da un’altra famiglia…” 

 “Camminavi perché tu non abitavi in centro, come buona parte dei tuoi compagni, ma nell’allora prima periferia della città, in gruppi di palazzoni che via via, edificio dopo edificio, rubavano terreno a quelli che prima erano campi coltivati, lasciando ancora vaghe tracce di quello che erano stati: un filare d’uva (senza più uva da rubare), una traccia remota d’orto.” 

 “Gli hai mai rivolto la parola? Forse, e ricordi un leggero sorriso di risposta, ma anche questa è probabilmente solo un’impressione stratificata nel tempo e nella somma di tanti tuoi ricordi particolari, di persone incontrate che lui non ha mai potuto incontrare,. di gente amata che lui non ha mai potuto amare, di libri letti, personaggi di film e di canzoni che lui non ha mai visto o frequentato, di una vita vissuta che lui non ha mai potuto vivere.” 

 “Noi che facevamo latino, era il latino il vero passaggio del Rubicone scolastico, il vero segnale che ti faceva sentire di un’altra classe.” 

 “Non ha provato l’eccitante ubriacatura di un amore giovanile, né un’eventuale forse futile tragedia ritenuta allora insopportabile, di un abbandono.” 

 “Quante te ne sono mancate, Colombini, quante non ne hai viste. Meglio così? Noi che ci siamo stati e abbiamo visto e abbiamo vissuto, nel bene e nel male, non lo crediamo: meglio esserci stati, meglio aver visto, aver vissuto, e non essere scomparso come un soffione che a un semplice alito di vento è volato via, da ragazzo, un adolescente nei primi anni Cinquanta.” 

 “Per la prima volta aveva affrontato una vera difficoltà, un vero ostacolo della vita. Si sedette e gli venne da piangere, ma trattenne a stento le lacrime, aveva paura che lo vedessero.” 

 “Invece, quell’estate, eri stravaccato su una sedia della redazione di quel giornale e casualmente assunto. Paga misera, orari di lavoro infiniti. Sei entrato a pieno titolo nella vita. Vai e goditela.” 

 “Perché fare l’orchestrale a vent’anni è il massimo, è piacevole. Suoni, ti diverti (e abbassò la voce guardando verso la moglie), si è un po’ come i marinai: una donna diversa in ogni balera, a vent’anni. A trenta ancora ancora, a quaranta comincia a cambiare, a cinquanta non ne puoi tutta la notte in piedi, a suonare le solite cose, in locali pieni di fumo, di puzza di sudore e di profumo scadente.”

 “Oggetti inanimati che dureranno più di noi, che rimarranno, nascosti da qualche parte nel tempo, in fondo a un cassetto, addormentati in un angolo in un vecchio armadio, nelle tasche di una giacca un tempo amata ma che da anni, per ragioni di misure, ormai tragicamente troppo diverse, non indossiamo più; o forse usati da un’altra persona che probabilmente non avremmo neanche voluto conoscere. Oggetto che sono scomparsi ma che esistono ed esisteranno ancora, anche quando la nostra stessa vita sarà scomparsa per sempre.”

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