domenica 28 settembre 2025

Michel Houellebecq - Sottomissione

"Tornato a casa, mi versai un gran bicchiere di vino e tornai a immergermi in "En menàge" ("Vite di coppia"), lo ricordavo come uno migliori romanzi di Huysmans, e ritrovai di colpo il piacere della lettura, anche lì dopo quasi vent'anni, miracolosamente intatto. Forse la tiepida felicità domestica delle vecchie coppie non era mai stata espressa con tanta dolcezza." 

"La profondità dell’autore e l'originalità dei suoi pensieri non sono da disprezzare; ma un autore è innanzitutto un essere umano, presente nei suoi libri, e in definitiva il fatto che scriva molto bene o molto male conta poco, l’essenziale è che scriva e che sia, effettivamente, presente nei suoi libri. [... ] Pertanto, un libro che amiamo è soprattutto un libro di cui amiamo l’autore"

 “E’ probabilmente impossibile, per chi abbia vissuto in un sistema sociale ereditato, immaginare il punto di vista di coloro che, non essendosi mai aspettato niente da tale sistema, ne progettano la distruzione senza alcun timore “  

"Tacqui metodicamente; quando si tace metodicamente fissandole negli occhi, dando loro l'impressione di bere le loro parole, le persone parlano." 

 "Com’è noto, gli uomini, messi in condizione di scegliere, fanno tutti le stesse identiche scelte." 

 "La nostalgia non è un sentimento estetico, e non è neanche legata al ricordo di una felicità, si ha nostalgia di un luogo per il semplice fatto di averci vissuto, poco importa se bene o male, il passato è sempre bello, è in effetti anche il futuro, a far male è solo il presente, che portiamo con noi come un ascesso di sofferenza che ci accompagna tra due infiniti di quieta felicità." 

 "Prima della caduta del loro impero, i romani avevano sicuramente avuto la sensazione di essere una civiltà eterna; anche loro si erano suicidati? Roma era stata una civiltà brutale, estremamente competente sul piano militare - una civiltà anche crudele, in cui gli svaghi offerti alla folla erano combattimenti mortali tra uomini, o tra uomini e belve. C’era stato nei romani un desiderio di estinguersi, una crepa nascosta?" 

 "Nietzsche, con il suo fiuto da vecchia bagascia, aveva visto giusto: in fondo, il cristianesimo era una religione femminile." 

 "Consiglio piuttosto di ascoltare la lettura delle sure, e di ripeterle, di percepire il loro respiro e il loro fiato. L'islam, d'altronde, è l'unica religione che abbia proibito qualsiasi traduzione nell'uso liturgico;perché il Corano è interamente composto di ritmi, di rime, di echi, di assonanze. Poggia sul concetto che è alla base della poesia, il concetto di un'unione tra sonorità e senso che permette di dire il mondo." 

 "l'islam accetta il mondo, e lo accetta nella sua integrità, accetta il mondo così com'è, per dirla con Nietzsche. Per il buddhismo il mondo è dukkha, inadeguatezza, sofferenza. Il cristianesimo stesso manifesta serie riserve - Satana non viene definito "principe di questo mondo"? Per l'islam, invece, la creazione divina è perfetta, è un capolavoro assoluto. Cos'è in fondo il Corano, se non un immenso poema mistico di lode? Di lode al Creatore e di sottomissione alle sue leggi." 

 "Il vero nemico dei musulmani, quello che temono e odiano più di qualsiasi altro, non è il cattolicesimo: è il secolarismo, la laicità, il materialismo ateo." 

 "Bisognava arrendersi all'evidenza: giunta a un livello di decomposizione ripugnante, l'Europa Occidentale non era più in grado di salvare sé stessa." 

 "Una coppia è un mondo, un mondo autonomo e compatto che si sposta all’interno di un mondo più vasto, senza esserne realmente toccato; da solo, invece, ero attraversato da faglie, e mi ci volle un certo coraggio per decidere, infilando in una tasca del giubbotto l’opuscolo informativo, di uscire per visitare il paese." 

 "Molte cose, forse troppe, sono state scritte sulla letteratura [...]. Eppure la specificità della letteratura, arte maggiore di un Occidente che si va consumando sotto i nostri occhi, non è molto difficile da definire. Al pari della letteratura, la musica può determinare uno sconvolgimento, un ribaltamento emotivo, una tristezza o un'estasi assolute; al pari della letteratura, la pittura può generare uno stupore ,uno sguardo nuovo posato sul mondo. Ma solo la letteratura può dare la sensazione di contatto con un'altra mente umana, con l'integralità di tale mente, le sue debolezze e le sue grandezze, i suoi limiti, le sue meschinità, le sue idee fisse, le sue convinzioni; con tutto ciò che la turba, la interessa, la eccita o la ripugna. Solo la letteratura può permettere di entrare in contatto con la mente di un morto, in modo più diretto, più completo e più profondo di quanto potrebbe fare persino la conversazione con un amico: per quanto profonda e solida possa essere un'amicizia, in una conversazione non ci si abbandona mai così completamente come davanti a una pagina bianca, rivolgendosi ad un destinatario sconosciuto. Certo, è ovvio che quando si tratta di letteratura la bellezza dello stile e la musicalità delle frasi hanno la loro importanza; la profondità di riflessione dell'autore e l'originalità dei suoi pensieri non sono da disprezzare; ma un autore è innanzitutto un essere umano, presente nei suoi libri, e in definitiva il fatto che scriva molto bene o molto male conta poco, l'essenziale è che scriva e che sia, effettivamente, presente nei suoi libri" 

“C’è un momento per fare le cose e per entrare in una felicità possibile, tale momento dura qualche giorno, talvolta qualche settimana o persino qualche mese ma si verifica solo una volta, soltanto una, e se in seguito si vuole tornare sui propri passi è semplicemente impossibile, non c’è più posto per l’entusiasmo, la convinzione e la fiducia, rimangono una rassegnazione dolce, una pietà reciproca e rattristata, la sensazione inutile e giusta che qualcosa avrebbe potuto esserci, che ci si è semplicemente mostrati indegni del dono che ci era stato fatto.” 

 “La vita talvolta offre un’opportunità, ma quando si è troppo vigliacchi o troppo indecisi per coglierla, essa si riprende le sue carte.” 

 “Il mattino dopo la discussione della tesi (o forse la sera stessa) il mio primo pensiero fu quello di aver perso qualcosa di inestimabile, qualcosa che non avrei più ritrovato: la mia libertà.” 

 “L’ostinazione è l’unica qualità umana che valga non soltanto nella professione di poliziotto ma in molte professioni, in tutte quelle almeno che hanno a che vedere con la nozione di verità.” 

 “I giornalisti hanno la naturale tendenza a ignorare le notizie che non capiscono.” 

 “Una delle poche gioie pure della vita su questa terra consiste nello sdraiarsi, da soli, sul proprio letto, con a portata di mano una pila di bei libri.” 

“La verità è scandalosa. Ma senza, non c’è nulla che abbia valore. Man mano che ci si avvicina alla verità, la solitudine aumenta.” 

 “La totalità degli animali e la schiacciante maggioranza degli uomini vivono senza mai provare il minimo bisogno di giustificazione. Vivono perché vivono, tutto qua, è così che ragionano; poi immagino che muoiano perché muoiono, e che questo, ai loro occhi, concluda l’analisi. Almeno in quanto specialista di Huysmans, mi sentivo obbligato a fare un po’ meglio.” 

 "Gli studi universitari umanistici, come si sa, non portano quasi da nessuna parte, tranne, per gli studenti più dotati, a una carriera d’insegnamento nell’ambito delle lettere – con la situazione piuttosto assurda di un sistema che ha il solo obiettivo della propria riproduzione, anche alla luce di un tasso di fallimento superiore al 95 per cento. Tali studi, tuttavia, non sono dannosi e possono addirittura produrre un’utilità marginale." 

 "L'esistenza di un dibattito politico sia pur posticcio è necessaria al funzionamento armonioso dei media" 

 "Sottoponete l'uomo a degli stimoli erotici (tra l'altro standardizzati al massimo, con scollature e minigonne funziona sempre, tetas y culo dicono in maniera eloquente gli spagnoli), e l'uomo proverà dei desideri sessuali; eliminate i suddetti stimoli, e cesserà di provare quei desideri nel giro di qualche mese, a volte di qualche settimana, non avrà neanche più il ricordo della sessualità, in realtà questo fatto non aveva mai creato il minimo problema ai monaci e d'altra parte io stesso, da quando il nuovo regime islamico aveva fatto evolvere l'abbigliamento femminile verso una maggiore decenza, sentivo a poco a poco i miei stimoli placarsi, a volte passavo giornate intere senza pensarci." 

 "Se l'islam non è politico, non è niente. AYATOLLAH KHOMEYNI. questo spiega tutto. É il motivo per cui l'islam è una religione fasulla. É una questione di dominio e di potere, non ultraterrena, quindi denuncia in questo che non è Allah a ordinare questo o quello agli uomini, ma sono stati uomini ad ordinare Allah a loro uso e consumo, e a mettergli in "bocca" quello che a loro conveniva per sottomettere gli altri uomini al loro servizio. (Ipse dixit!)" 

 "La sinistra aveva sempre avuto la capacità di far accettare riforme antisociali che, se fossero venute da destra, sarebbero state vigorosamente respinte" 

 "Il vero programma dell'UMP, così come quello del Partito Socialista, è la scomparsa della Francia, la sua integrazione in un insieme federale europeo. I suoi elettori, chiaramente, non approvano questo obiettivo; ma da anni i dirigenti riescono a evitare di parlarne apertamente." 

 "Quando un partito musulmano arriva al potere, non è mai positivo per gli ebrei. Non mi pare che ci siano esempi contrari..." 

 "E l'insegnamento islamico è, da tutti i punti di vista, molto diverso dall'insegnamento laico. Per prima cosa, non può assolutamente essere misto; e solo alcuni indirizzi saranno aperti alle donne. In fondo, quello che vogliono è che le donne, dopo la scuola primaria, vengano in gran parte avviate verso scuole di educazione domestica, e che si sposano prima possibile [...] questo sarebbe il loro modello di società ideale. Tra l'altro, tutti i docenti, senza eccezione, dovranno essere musulmani. Le regole riguardanti il regime alimentare delle mense e il tempo dedicato alle cinque preghiere quotidiane dovranno essere rispettate; ma, soprattutto, il programma scolastico in sé dovrà essere adattato agli insegnamenti del Corano." 

 "Gli unici veri atei che abbia mai conosciuto erano dei ribelli; anziché limitarsi a constatare freddamente la non-esistenza di Dio, quell’esistenza la rifiutavano, alla maniera di Bakunin: “E anche se Dio esistesse, bisognerebbe disfarsene."

martedì 23 settembre 2025

Sono felice, dove ho sbagliato? – Diego De Silva

“Quelli che parlano d’amore sono convinti di sapere tutto dell’amore. Perché pensano che la loro esperienza faccia testo. Io questa cosa non me la spiego. L’idea che le proprie faccende d’amore abbiano l’autorevolezza del vissuto, voglio dire.” 

 “Il pantano amoroso è così: uno stallo che può avere tipologie diverse.” 

 “E così avete ricominciato, neanche da capo ma dallo stesso punto in cui vi eravate impantanati. Quello in cui non si va né avanti né indietro ma semplicemente in replica, mentre gli anni passano.” 

 “Al questionante di principio non basta la soddisfazione privata: ambisce a fare scuola. È disposto a devolvere in beneficenza i proventi della vittoria, purché il mondo sappia che ha ragione (il che ne fa un comune megalomane).” 

“Vedi, un bravo avvocato lo capisce dal primo momento se una causa è vinta o persa, e lo capisce dalla materia di cui è fatta. Da lì in poi, è tutto scalpello.” 

 “Gli infelici hanno un bisogno di solidarietà così impellente da non riconoscere un piazzista di patacche quando gli bussa alla porta.” 

 “Il dolore è inestimabile, Ega. Appartiene soltanto a chi lo prova. Non puoi valutarlo, non puoi venderlo, non puoi farne oggetto di scambio. Non è negoziabile. È quella la sua grandezza.” 

“Sono felice, dove ho sbagliato? Stringe gli occhi come se non mi mettesse bene a fuoco. Poi scuote la testa e scoppia a ridere. E io appresso.”

giovedì 18 settembre 2025

La mia Africa – Karen Blixen

“In Africa avevo una fattoria ai piedi degli altipiani del Ngong. A un centocinquanta chilometri più a nord su quegli altipiani passava l’equatore; eravamo a milleottocento metri sul livello del mare. Di giorno si sentiva di essere in alto, vicino al sole, ma i mattini, come la sera, erano limpidi e calmi, e di notte faceva freddo.” 

 “Il respiro del panorama era immenso.” 

 “Non esiste vita, per noi, senza una città; anche se ne pensiamo più male che bene, attira per forza i nostri pensieri, per una specie di legge di gravità. L’alone luminoso che, da certi punti della fattoria, si vedeva sovrastare Nairobi, la notte, mi ricordava le grandi città d’Europa facendomi fantasticare.” 

 “I luoghi dove ci siamo accampati restano vivi nella memoria come se ci fossimo vissuti per tanto tempo: un solco lasciato in mezzo all’erba della pianura dalle ruote del carro spicca chiaro nel ricordo come i lineamenti del viso di un amico.” 

 “Quando si riesce a cogliere il ritmo dell’Africa, ci si accorge che è identico in tutta la sua musica: quello che avevo imparato andando a caccia mi servì poi nei miei rapporti con gli indigeni.” 

 “I kikuyu sono preparati all’imprevisto e abituati all’inaspettato. In questo sono diversi dai bianchi, che di solito cercano in tutti i modi di proteggersi dall’ignoto e dagli assalti del fato. L’indigeno, invece, considera il destino un amico, perchè è nelle sue mani da sempre.” 

 “Quando gli africani parlano della natura di Dio ne parlano come le Mille e una Notte, o come gli ultimi capitoli del libro di Giobbe: è la stessa qualità, il suo infinito potere di immaginazione, che li colpisce.” 

 “Stranamente, dovunque si trovi, la Chiesa Cattolica Romana porta con sé la propria atmosfera.” 

 “Un anno le grandi piogge non vennero. E’ un’esperienza tremenda, spaventosa: il coltivatore che l’ha vissuta non la dimentica.”

 “Ma quando la terra rispondeva con un ruggito fertile e profondo, come una cassa armonica, e il mondo cantava intorno a noi in tutte le sue dimensioni, in alto e in basso – quella era la pioggia. Era come tornare al mare dopo tanto tempo, come l’abbraccio di un amante.” 

 “Cominciai, la sera, a scrivere racconti, fiabe e novelle, per non pensare più ai miei guai ma spaziare con la mente in altri paesi e in altri tempi.” 

 “Perché mai i kikuyu temano così poco la morte e poi si spaventino tanto al pensiero di toccare un morto, mentre i bianchi hanno paura di morire ma non di toccare un cadavere, non lo so. E’ questo un altro tratto per cui ci si accorge che la loro realtà è diversa dalla nostra.” 

 “Ma bruciava in lui una fiamma inestinguibile che nessuna cenere poteva nascondere. Nato da una razza di pescatori danesi, aveva fatto il marinaio per poi diventare uno dei primi pionieri dell’Africa. Chissà quale vento l’aveva portato lì.” 

 “La notte tropicale ha la cordialità della chiesa cattolica romana di fronte alle chiese protestanti del nord, dove è permesso entrare solo per le funzioni religiose.” 

 “Tornando per un breve periodo in Europa sembra strano che in città la gente viva senza tener conto delle fasi della luna e quasi senza notarle.” 

 “Chi di notte, dormendo, sogna, conosce un genere di felicità ignota nel mondo della veglia: una placida estasi e un riposo del cuore che sono come il miele sulla lingua.” 

 “La cosa più vicina al sogno, nel mondo della veglia, è la notte in una grande città, dove tutti sono sconosciuti per tutti, o la notte in Africa. Anche lì c’è libertà infinita; le cose vanno avanti per conto loro, destini si intrecciano intorno a noi, dappertutto c’è vita e movimento, ma tutto questo non ci riguarda.”

 “In Africa, quando si trova un libro che ci piace, fra l’ammasso di letteratura nefasta che le povere navi sono costrette a portare fin laggiù dall’Europa, lo si legge come ogni scrittore vorrebbe si leggessero i suoi libri: pregando Dio che possa essere fino in fondo bello come al principio. L’immaginazione corre con entusiasmo su un sentiero, fresco, verde, profondo.” 

 “L’Africa e l’Europa hanno della giustizia due idee diverse, incompatibili fra loro. per l’africano c’è un solo modo di controbilanciare le catastrofi dell’esistenza: dare qualcosa in cambio. I moventi di un atto non contano, per lui.” 

 “Il passato, che era stato tanto difficile rievocare e che probabilmente, nella memoria, appariva ogni volta diverso, ora era afferrato, riconquistato, inchiodato davanti ai suoi occhi. Era diventato Storia: quel documento aveva vinto il fluttuare e l’ombra del mutamento.” 

 “Venivano molti visitatori, alla fattoria. Nei paesi di pionieri l’ospitalità è una necessità di vita, non solo per chi viaggia ma anche per i coloni. Un visitatore è un amico, porta notizie, buone o cattive, e nei posti solitari le notizie sono un nutrimento per le anime affamate. Un vero amico che arriva a casa tua è un messaggero celeste, reca il panis angelorum.” 

 “Quando , a tavola, gli riempirono il bicchiere, Emmanuelson, vuotandolo per metà, lo alzò verso la lampada e lo contemplò a lungo: pareva stesse ascoltando una musica. “Fameaux” – disse – “fameaux. E’ un Chambertin 1906″. Aveva indovinato; subito provai per lui un certo rispetto.” 

 “Solo i veri aristocratici e i veri proletari del mondo capiscono la tragedia. Per loro è il principio fondamentale di Dio, e la chiave – minore – dell’esistenza. In questo sono diversi dai borghesi di tutte le categorie, che non solo negano la tragedia ma sono incapaci di sopportarla; la parola stessa, per loro, significa qualcosa di tristo.” 

 “V’era un tratto del suo carattere per me veramente prezioso: amava sentir raccontare.” 

 “L’aria, in Africa, ha un significato ignoto in Europa: piena di apparizioni e miraggi, è, in un certo senso, il vero palcoscenico di ogni evento.” 

 “In colonia i libri hanno una funzione diversa che in Europa: essi soltanto possono soddisfare un certo aspetto della nostra vita laggiù; se sono belli ci si commuove e se son brutti ci si indigna con una foga ignota nei paesi civili.” 

 “Tutto ciò non può essere, pensavo, solo quell’insieme di circostanze che la gente chiama un periodo di sfortuna; deve celare un principio, un centro: se lo scopro, sono salva. Se trovo la prospettiva giusta, mi dicevo, le cose mi appariranno tutte chiare e coerenti. Devo alzarmi, conclusi, e cercare un segno.” 

 “Quando una donna mostra all’amica i vestiti di un figlio perduto, sa che l’altra pensa in cuor suo: Grazie a Dio non è toccato a me, e a gli occhi d’entrambe non v’è in questo nulla di strano o di innaturale.” 

 "A sud-ovest, scorgevo le colline del Ngong. L’onda nobile della montagna si ergeva sulla terra piatta, tutt’intorno azzurro cielo. Ma a quella distanza le quattro vette parevano insignificanti, appena distinguibili, diverse da come si vedevano alla fattoria. Il contorno della montagna veniva lentamente ammorbidito e livellato dalla mano della lontananza.”

sabato 13 settembre 2025

Uno, nessuno e centomila – Luigi Pirandello

“Che fai? – mia moglie mi domandò, vedendomi insolitamente indugiare davanti allo specchio. Niente, – le risposi, – mi guardo qua, dentro il naso, in questa narice. Premendo, avverto un certo dolorino. Mia moglie sorrise e disse: Credevo ti guardassi da che parte ti pende. Mi voltai come un cane a cui qualcuno avesse pestato la coda: Mi pende? A me? Il naso? E mia moglie, placidamente: Ma sì, caro. Guardatelo bene: ti pende verso destra.” 

 “Sfido a non irritarsi, ricevendo come generosa concessione ciò che come diritto ci è stato prima negato.” 

 “E non si sa, le mogli? Fatte apposta per scoprire i difetti del marito.” 

 “Ero rimasto così, fermo ai primi passi di tante vie, con lo spirito pieno di mondi, o di sassolini, che fa lo stesso. Ma non mi pareva affatto che quelli che m’erano passati avanti e avevano percorso tutta la via, ne sapessero in sostanza più di me. M’erano passati avanti, non si mette in dubbio, e tutti braveggiando come tanti cavallini; ma poi, in fondo alla via, avevano trovato un carro: il loro carro; vi erano stati attaccati con molta pazienza, e ora se lo tiravano dietro. Non tiravo nessun carro, io; e non avevo perciò né briglie né paraocchi; vedevo certamente più di loro; ma andare, non sapevo dove andare.” 

 “Cominciò da questo il mio male. Quel male che doveva ridurmi in breve in condizioni di spirito e di corpo così misere e disperate che certo ne sarei morto o impazzito, ove in esso medesimo non avessi trovato (come dirò) il rimedio che doveva guarirmene.” “

Già subito mi figurai che tutti, avendone fatta mia moglie la scoperta, dovessero accorgersi di quei miei difetti corporali e altro non notare in me.” 

 “Mi si fissò invece il pensiero ch’io non ero per gli altri quel che finora, dentro di me, m’ero figurato di essere.”

 “Per voi, esser soli, che vuol dire?”

 “La solitudine non è mai con voi; è sempre senza di voi, e soltanto possibile con un estraneo attorno: luogo o persona che sia, che del tutto vi ignorino, che del tutto voi ignoriate, così che la vostra volontà e il vostro sentimento restino sospesi e smarriti in un’incertezza angosciosa e, cessando ogni affermazione di voi, cessi l’intimità stessa della vostra coscienza. La vera solitudine è in un luogo che vive per sè e che per voi non ha traccia nè voce, e dove dunque l’estraneo siete voi. Così io volevo esser solo. Senza me.” 

 “Se per gli altri non ero quel che finora avevo creduto d’essere per me, chi ero io?” 

 “Per gli altri le mie idee e il mio naso hanno tanta relazione, che se quelle, poniamo, fossero molto serie e questo per la sua forma molto buffo, si metterebbero a ridere.” 

 “Quando mi ponevo davanti a uno specchio, avveniva come un arresto in me; ogni spontaneità era finita, ogni mio gesto appariva a me stesso fittizio o rifatto. Io non potevo vedermi vivere.” 

 “Ripeto, credevo ancora che fosse uno solo questo estraneo: uno solo per tutti, come uno solo credevo d’esser io per me. Ma presto l’atroce mio dramma si complicò: con la scoperta dei centomila Moscarda ch’io ero non solo per gli altri ma anche per me, tutti con questo solo nome di Moscarda, brutto fino alla crudeltà, tutti dentro questo mio povero corpo ch’era uno anch’esso, uno e nessuno ahimè, se me lo mettevo davanti allo specchio e me lo guardavo fisso e immobile negli occhi, abolendo in esso ogni sentimento e ogni volontà. Quando così il mio dramma si complicò, cominciarono le mie incredibili pazzie.” 

 “L’idea che gli altri vedevano in me uno che non ero io quale mi conoscevo; uno che essi soltanto potevano conoscere guardandomi da fuori con occhi che non erano i miei e che mi davano un aspetto destinato a restarmi sempre estraneo, pur essendo in me, pur essendo il mio per loro (un mio dunque che non era per me!); una vita nella quale, pur essendo la mia per loro, io non potevo penetrare, quest’idea non mi diede più requie.” 

 “Siate sinceri: a voi non è mai passato per il capo di volervi veder vivere. Attendete a vivere per voi, e fate bene, senza darvi pensiero di ciò che intanto possiate essere per gli altri; non già perché dell’altrui giudizio non v’importi nulla, ché anzi ve ne importa moltissimo; ma perchè siete nella beata illusione che gli altri, da fuori, vi debbano rappresentare in sé come voi a voi stessi vi rappresentate.” 

 “Purtroppo, ci sono io, e ci siete voi. Purtroppo.” 

 “Sapete invece su che poggia tutto? Ve lo dico io. Su una presunzione che Dio vi conservi sempre. La presunzione che la realtà, qual’è per voi, debba essere e sia ugualmente per tutti gli altri.” 

 “Non poter sopportare la zanzariera, ch’io avrei seguitato sempre a usare anche se tutte le zanzare fossero sparite da Richieri, per la delizia che mi dava, tenuta alta di cielo com’io la tenevo e drizzata tutt’intorno al letto senza una piega. La camera che si vede e non si vede traverso a quella miriade di forellini del tulle lieve; il letto isolato; l’impressione d’esser come avvolto in una bianca nuvola.” 

 “C’è in me e per me una realtà mia: quella che io mi dò; una realtà vostra in voi e per voi; quella che voi vi date; le quali non saranno mai le stesse nè per voi nè per me. E allora? Allora, amico mio, bisogna consolarci con questo: che non è più vera la mia che la vostra, e che durano un momento così la vostra come la mia.” 

 “Diciamo dunque che è in noi ciò che chiamiamo pace. Non vi pare? E sapete da che proviene? Dal semplicissimo fatto che siamo usciti or ora dalla città; cioè, sì, da un mondo costruito: case, vie, chiese, piazze; non per questo soltanto, però, costruito, ma anche perchè non ci si vive più così per vivere, come queste piante, senza saper di vivere; bensì per qualche cosa che non c’è e che vi mettiamo noi; per qualche cosa che dia senso e valore alla vita: un senso, un valore che qua, almeno in parte, riuscite a perdere, o di cui riconoscete l’affliggente vanità. E vi vien languore, ecco, e malinconia. Capisco, capisco, Rilascio di nervi. Accorato bisogno d’abbandonarvi. Vi sentite sciogliere, vi abbandonate.” 

 “Qui, cari miei, avete veduto l’uccellino vero, che vola davvero, e avete smarrito il senso e il valore delle ali finte e del volo meccanico. Lo riacquisterete subito là, dove tutto è finto e meccanico, riduzione e costruzione: un altro mondo nel mondo: mondo manifatturato, combinato, congegnato; mondo d’artificio, di stortura, d’adattamento, di finzione, di vanità; mondo che ha senso e valore soltanto per l’uomo che ne è l’artefice.” 

 “Beati loro che hanno le ali e possono scappare!” 

 “Ci vorrebbe un pò più d’intesa tra l’uomo e la natura. Troppo spesso la natura si diverte a buttare all’aria tutte le nostre ingegnose costruzioni. Cicloni, terremoti… Ma l’uomo non si dà per vinto. Ricostruisce, ricostruisce, bestiolina pervicace. E tutto è per lui materia di ricostruzione. Perché ha in sè quella tal cosa che non si sa che sia, per cui deve per forza costruire, trasformare a suo modo la materia che gli offre la natura ignara, forse e, almeno quando vuole, paziente.” 

 “L’uomo piglia a materia anche se stesso, e si costruisce, sissignori, come una casa. Voi credete di conoscervi se non vi costruite in qualche modo? E ch’io possa conoscervi, se non vi costruisco a modo mio?” 

 “Ah che scoperta! Mio padre… La vita di mio padre..” 

 “Fu un attimo, ma l’eternità. Vi sentii dentro tutto lo sgomento delle necessità cieche, delle cose che non si possono mutare: la prigione del tempo; il nascere ora, e non prima e non poi; il nome e il corpo che ci è dato; la catena delle cause; il seme gettato da quell’uomo: mio padre senza volerlo; il mio venire al mondo, da quel seme; involontario frutto di quell’uomo; legato a quel ramo; espresso da quelle radici.” 

 “A tutti i figli forse sarà avvenuto. Notare com’alcunché d’osceno che ci mortifica, laddove è il padre per noi che si rispetta. Notare, dico, che gli altri non dànno e non possono dare a questo padre quella stessa realtà che noi gli diamo.” 

 “Quando un atto è compiuto, è quello; non si cangia più. Quando uno, comunque, abbia agito, anche senza che poi si senta e si ritrovi negli atti compiuti, ciò che ha fatto, resta: come una prigione per lui.” 

 “…l’essere agisce necessariamente per forme, che sono le apparenze ch’esso si crea, e a cui noi diamo valore di realtà. Un valore che cangia, naturalmente, secondo l’essere in quella forma e in quell’atto ci appare.” 

 “Perché avevo voluto dimostrare, che potevo, anche per gli altri, non essere quello che mi si credeva.” 

 “Perché, quand’uno pensa d’uccidersi, s’immagina morto, non più per sé, ma per gli altri?” 

 “Sempre che ci avvenga di scoprire qualcosa che gli altri supponiamo non abbiano mai veduta, non corriamo a chiamare qualcuno perché subito la veda con noi?” 

 “Ma che altro avevo io dentro, se non questo tormento che mi scopriva nessuno e centomila?” 


 “Il dolore ti salva, figliuolo.” “Nella penombra della cameretta rosea in disordine, il silenzio pareva consapevole dell’attesa vana d’una vita che i desideriii momentanei di quella bizzarra creatura non avrebbero potuto mai far nascere né consistere in qualche modo.” 

 “Perché bisogna che lei fermi un attimo in sé la vita, per vedersi. Come davanti a una macchina fotografica. Lei s’atteggia. E atteggiarsi è come diventare statua per un momento. La vita si muove di continuo, e non può mai veramente vedere se stessa.” 

 “Lei non può conoscersi che atteggiata: statua: non viva. Quando uno vive, vive e non si vede. Conoscersi è morire. Lei sta tanto a mirarsi in codesto specchio, in tutti gli specchi, perché non vive; non sa, non può o non vuol vivere. Vuole troppo conoscersi, e non vive.” 

 “Ah, perdersi là, distendersi e abbandonarsi, così tra l’erba, al silenzio dei cieli; empirsi l’anima di tutta quella vana azzurrità facendovi naufragare ogni pensiero, ogni memoria!” 

 “Non è altro che questo, epigrafe funeraria, un nome. Conviene ai morti. A chi ha concluso. Io sono vivo e non concludo. La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest’albero, respiro tremùlo di foglie nuove. Sono quest’albero. Albero, nuvola; domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo.” 

 “Pensare alla morte, pregare. C’è pure chi ha ancora questo bisogno, perché muojo ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori.”

martedì 9 settembre 2025

Il compratore di anime morte – Stefano D’Arrigo

“È l’alba del 24 dicembre 1859. Nell’Ospizio dei trovatelli della Nunziata, che accoglie quelli che le pietose popolane napoletane chiamano “figli della Madonna”, ci si prepara per tempo alla grande vigilia. Su, su, all’ultimo piano del triste e severo edificio, oltre i dormitori dei piccoli trovatelli, lassù, proprio in soffitta, Cirillo Docore apre gli occhi anche lui al nuovo giorno.” 

 “Cirillo Docore, s’è già capito, spasima per questa “cosa” che lui ignora e che il destino gli ha negato: la famiglia.” 

 “Questo, dunque, è Cirillo Docore: un vero trovatello di trent’anni, un trovatello e uno scrivanello, ultimo chiodo nella vita e nel suo lavoro alla Real Beneficenza. Povero due volte e buono tre volte: quieto, tranquillo, senza voglie ma dilaniato dal desiderio di avere una famiglia, due famiglie.” 

 “Era in Sicilia il suo tesoro nascosto, la trovatura, come lo aveva chiamato col Principe, senza dirgli però che si trattava di una trovatura di anime morte, di contadini che valevano cento scudi pro capite.” 

 “Ecco, vedete, Eccellenza, desidererei acquistare quelle anime vostre che pur essendo morte figurano ancora come vive nell’elenco dell’ultimo censimento fiscale.” 

“La parola, se permettere, non è mai diversa, è una.” 

“Ecco, Eccellenza, lo splendido Principe di Margellina, il compratore d’anime. D’anime morte, Eccellenza. Un compratore d’anime morte, ci pensate, Eccellenza?” 

“Ma è l’undici maggio 1860; Garibaldi è sbarcato da alcune ore a Marsala, la notizia si è sparsa per la Sicilia come un tam tam nella foresta, portata da uomini a cavallo da un paese all’altro: Arriva Garibaldi!” 

“Fra gli armadi, i tavoli, le sedie, i materassi che formano le barricate dei picciotti e dei rivoltosi della Vicaria, si trova pure il famoso cofanetto di Cirillo, aperto, coi contratti delle anime morte portati via, svolazzanti, dal vento.”

giovedì 4 settembre 2025

Lessico famigliare – Natalia Ginzburg

“Nella mia casa paterna, quand’ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: Non fate malagrazie!” 

 “Quanto a mio padre, se ne stava a leggere nella parte opposta della casa…” 

 “Vivevamo sempre, in casa, nell’incubo delle sfuriate di mio padre, che esplodevano improvvise, sovente per motivi minimi…” 

 “Le poesie erano dunque così: semplici, fatte di niente; fatte delle cose che si guardavano. Mi guardavo intorno con occhi attenti: cercavo cose che potessero assomigliare a quelle rocce nere, a quei prati verdi, e che questa volta non mi sarei lasciata portar via da nessuno.” 

 “E lui e mia madre parlavano del tempo ch’era ancora vivo Galeotti come di un tempo felice, allegro, quando loro erano più giovani, quando le montagne conservavano intatto per mio padre il proprio fascino, quando il fascismo sembrava dovesse presto finire.” 

 “Gino, infatti, dava poco spago, perché leggeva sempre; e quando gli si parlava, rispondeva a monosillabi, senza alzare la testa dal libro.” 

 “Adriano (Olivetti), allora, sembrava l’incarnazione di quello che mio padre usava definire un impiastro; e tuttavia mio padre non disse mai di lui che era un impiastro, né un salame, né un negro: non pronunciò mai al suo indirizzo nessuna di queste parole. Mi domando perché: e penso che forse mio padre aveva una maggiore penetrazione psicologica di quanto noi sospettassimo, e intravide, nelle spoglie di quel ragazzo impacciato, l’immagine dell’uomo che Adriano doveva diventare più tardi.” 

“Aveva occhi spaventati, risoluti e allegri; gli vidi, due o tre volte nella vita, quegli occhi. Erano gli occhi che aveva quando aiutava una persona a scappare, quando c’era un pericolo e qualcuno da portare in salvo.” 

 “Ci sposammo, Leone ed io; e andammo a vivere nella casa di via Pallamaglio.” 

 “Avevamo un alloggio nei dintorni di piazza Bologna. Leone dirigeva un giornale clandestino ed era sempre fuori di casa. Lo arrestarono, venti giorni dopo il nostro arrivo; e non lo rividi mai più.”

 “Il suo animo non sapeva invecchiare e non conobbe mai la vecchiaia, che è starsene ripiegati in disparte piangendo lo sfacelo del passato.” 

 “Era, il dopoguerra, un tempo in cui tutti pensavano d’essere dei poeti, e tutti pensavano d’essere dei politivi; tutti s’immaginavano che si potesse e si dovesse anzi far poesia di tutto, dopo tanti anni in cui era sembrato che il mondo fosse ammutolito e pietrificato e la realtà era stata guardata come di là da un vetro, in una vitrea, cristallina e muta immobilità.” 

 “Certo, per molti anni, nessuno fece più il proprio mestiere, ma tutti credettero di poterne e doverne fare mille altri insieme; e passò del tempo prima che ciascuno riprendesse sulle sue spalle il proprio mestiere e ne accettasse il peso e la quotidiana fatica, e la quotidiana solitudine, che è l’unico mezzo che noi abbiamo di partecipare alla vita del prossimo, perduto e stretto in una solitudine uguale.” 

 “Pavese si uccise un’estate che non c’era, a Torino, nessuno di noi.” 

 “Aveva parlato, per anni, di uccidersi. Nessuno gli credette mai. Quando veniva da me e da Leone mangiando ciliegie, e i tedeschi prendevano la Francia, già allora ne parlava.”

 “Guardò anche oltre la sua vita, nei nostri giorni futuri, guardò come si sarebbe comportata la gente, nei confronti dei suoi libri e della sua memoria. Guardò oltre la morte, come quelli che amano la vita e non sanno staccarsene, e pur pensando alla morte vanno immaginando non la morte, ma la vita.”