giovedì 3 aprile 2025

Il libraio di Kabul – Asne Seierstad

“Quando Sultan Khan ritenne che fosse arrivato il momento di trovare una nuova moglie, nessuno si mostrò disposto ad aiutarlo. Prima di tutto si rivolse a sua madre.”

“Per Sultan i libri erano tutta la vita. la lettura e le storie lo avevano assorbito completamente fin dal tempo in cui aveva ricevuto il suo primo libro a scuola.”

 “…gli venne in mente una frase del suo poeta preferito, Ferdusi: Per riuscire a volte devi comportarti da lupo, altre volte da agnello.” 

 “Quello che i suoni e gli odori non possono raccontare, lo aggiungono i pettegolezzi. Serpeggiano come fuoco nell’erba secca in questo quartiere dove tutti vigilano sulla moralità degli altri.” 

 “E’ tutto un brusio confuso di voci, un ronzio costante. Accade di rado che qualcuno offra i prodotti che ha in vendita. La maggior parte dei venditori sembrano più interessati a spettegolare coi vicini o a partecipare alla vera vita del bazar standosene stravaccati su un sacco di farina o su un mucchietto di tappeti, che a decantare ai quattro venti la loro mercanzia: tanto i clienti comprano quello di cui hanno bisogno. E’ come se il tempo si fosse fermato nel bazar di Kabul. Le merci sono le stesse di quando Dario, re di Persia, vagabondava per queste strade cinquecento anni prima di Cristo.” 

“Svolazzano fin dentro il fresco appartamento, si sfilano i burka dalla testa, li appendono ognuno al proprio gancio e sospirano sollevate. Si riprendono il proprio volto, il volto che il burka aveva rubato loro.” 

 “E questa polvere di sporcizia che ora sta cercando di strofinare via dal suo corpo, è questa che si toglie di dosso fregando e formando spessi rotolini. E’ la polvere si incolla alla sua vita.” 

 “Sotto il burka e gli altri vestiti, adesso, le donne sono linde e profumate, ma perchè il sapone verde e lo shampoo rosa abbiano la meglio si prospetta una dura battaglia. Tra breve riacquisteranno il loro odore, il burka glielo ricaccia addosso, odore di vecchia schiava, odore di giovane schiava.” 

 “Ancora una giornata con lo stesso odore e lo stesso sapore di tutte le altre. Polvere.” 

 “Aimal è il più giovane dei figli maschi di Sultan, ha dodici anni e lavora dodici ore al giorno. Ogni singolo giorno, per sette volte alla settimana, viene svegliato all’alba.” 

 “Voglio volare! Voglio andarmene! esclama un giorno spazzando il pavimento. Lontano! grida facendo roteare lo scopettino di paglia.” 

 “Leila sente la vita, la gioventù, la speranza fuggire da lei senza alcuna possibilità di scampo. Sente che il suo cuore è come una pietra pesante e solitaria, condannata a spezzarsi irreparabilmente. Leila si volta, fa quei tre passi che la separano dalla soglia, si chiude silenziosamente la porta alle spalle e se ne va. Il suo cuore infranto è rimasto lì. Presto si mescolerà alla polvere che entra turbinando dalla finestra, a quella che si nasconde nei tappeti. La sera stessa sarà lei a spazzare via tutto e gettarlo nel cortile di fuori.”

domenica 30 marzo 2025

La vita bugiarda degli adulti – Elena Ferrante

“Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capti. Tutto – gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole – è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione.” 

 “Ma a volte, poiché mia madre aveva da fare e si chiudeva anche lei nella sua stanza, io restavo sola in corridoio a giocare o a leggere, soprattutto a leggere, direi, perché mio padre leggeva moltissimo, mia madre pure, e io amavo essere come loro.” 

 “Lei era uno spauracchio dell’infanzia, era una sagoma secca e spiritata, era una figura arruffata in agguato negli angoli delle case quando cala il buio.” 

 “Provavo un dolore che non voleva cessare e nemmeno attenuarsi.”

 “Avevano provato da sempre un tale piacere a occuparsi l’una dell’altro, che la decisione di fare un figlio era arrivata relativamente tardi, visto che si erano sposati giovanissimi. Io ero nata quando mia madre aveva trent’anni e mio padre poco più di trentadue. Ero stata concepita tra mille ansie, espresse dall’una ad alta voce, dall’altro tra sé e sé. La gravidanza era stata difficile, il parto – 3 giugno 1979 – un tormento infinito, i miei primi due anni di vita la dimostrazione pratica che, dal momento in cui ero venuta al mondo, la loro vita si era complicata.” 

 “Avrei dovuto avere una vita felice e invece stava cominciando un periodo infelice, senza mai la gioia di sentirmi come si erano sentiti e si sentivano loro.”

 “Ma obbligarmi alla serenità non funzionò, la testa all’improvviso si appannava e quell’ossessione ricominciava.” 

 “…ma l’infanzia di tuo padre, l’adolescenza, la giovinezza, quelle per lui sono state veramente durissime, perché non aveva niente di niente, ha dovuto scalare una montagna a mani e piedi nudi, e non è finita, non finisce mai, c’è sempre qualche tempesta che ti butta giù, punto e a capo.” 

 “Nessuno deve farsi i fatti suoi, se una persona è nei guai.” 

 “Mi sentii euforica come se l’eventualità del male – quello che lui e mia madre nel loro gergo di coppia sostenevano di chiamare Vittoria – mi desse un’effervescenza inattesa.” 

 “Io sono nato e cresciuto in questa zona qui – disse con un gesto ampio che abbracciava oltre il parabrezza muri di tufo, palazzine grigie, gialle e rosa, stradoni desolati anche nel giorno di festa -, la mia famiglia non aveva nemmeno gli occhi per piangere.” 

 “Imparai sempre più a mentire ai miei genitori. In principio non dicevo vere e proprie bugie ma poiché non avevo la forza di oppormi al loro mondo sempre ben connesso, fingevo di accoglierlo e intanto mi ritagliavo una stradina da abbandonare in fretta se solo si rabbuiavano.” 

 “Fai bene ad avere paura. La paura bisogna avercela anche quando non c’è bisogno, ti tiene sveglia.” 

 “Il legame con gli spazi noti, con gli affetti sicuri, cedette alla curiosità per ciò che mi sarebbe accaduto.” 

 “…tutte le persone superbe, Giannì, tutte quelle che pensano di essere chissà chi, fanno finta che la morte non esiste.” 

 “A casa mia era un obbligo nascondere i sentimenti, non farlo pareva cattiva educazione.” 

 “Mi disse all’orecchio, ancora una volta: guardali bene, i tuoi genitori, se no non ti salvi.” 

 “Tutto ciò che appurai su mio padre fu un suo insospettato attaccamento al denaro. Captai più volte che lui, a bassa voce ma in modo incalzante, accusava mia madre di spendere troppo e in cose inutili.” 

 “Fottiti allora, borbottò, le cose brutte che non dici a nessuno diventano cani che ti mangiano la testa di notte mentre dormi.” 

 “Non riuscivo più a essere innocente, dietro i pensieri c’erano altri pensieri, l”infanzia era finita.” 

 “In quella fase la menzogna e la preghiera entrarono stabilmente nella mia vita quotidiana e mi aiutarono di nuovo molto. Le bugie le raccontai per lo più a me stessa. Ero infelice e mi fingevo fin troppo allegra a scuola e in casa.” 

 “Cosa succedeva, insomma, nel mondo degli adulti, nella testa di persone ragionevolissime, nei loro corpi carichi di sapere? Cosa li riduceva ad animali tra i più inaffidabili, peggio dei rettili?” 

 “Cercavo significati per aggirare quell’impressione di scarsa intelligenza in persone che ne avevano tanta.” 

 “Fui preso dalla luce che irraggiava dal mare e dallo splendore del giardino: quanta Napoli si vedeva, quanto cielo, quanto Vesuvio.” 

 “Fui contenta. Quell’esiliarsi delle due sorelle nella loro stessa casa, quel recidere i legami di sangue proprio come avrei voluto reciderli io, mi piacque, e mi piacque anche la loro sboccatezza.” 

 “Mi sentivo una cattiveria dentro che esigeva a tutti i costi di manifestarsi, ce l’ho sicuramente negli occhi e in tutta la faccia, pensai allarmata da me stessa.” 

 “Mi stava crescendo dentro, ormai, un violentissimo bisogno di degradazione – una degradazione impavida, però, una smania di sentirmi eroicamente turpe…” 

 “E intanto il tempo scivolò via, prima giorni di torvo scontento, poi di riflessione accanita. Cominciai a pensare a lui come al profilo di una montagna molto distante, una sostanza azzurrina trattenuta da linee marcate.”

 “Mi dicevano tutti che avrei capito da grande.” 

 “L’amore è opaco come i vetri delle finestre dei cessi.” 

 “Leggere non basta – disse – testi così si studiano. Gli si accesero gli occhi, nel pronunciare quella frase. La sua vera condizione esistenziale si svelava appena poteva occuparsi di libri, di idee, di questioni elevate.” 

 “Andammo a sederci su una gradinata bianca, di fronte a una Napoli splendida che sembrava sotto una cupola trasparente, fuori il cielo azzurro e dentro vapori come se tutte le pietre della città stessero respirando.” 

 “Il tempo della mia adolescenza è lento, fatto di grandi blocchi grigi e improvvise gibbosità di colore verde o rosso o viola. I blocchi non hanno ore, giorni, mesi, anni, e le stagioni sono incerte, fa caldo e freddo, piove e c’è il sole.” 

 “Quanto alla faccia, si, non aveva nessuna armonia, proprio come quella di Vittoria. Ma l’errore era stato farne una tragedia. Bastava guardare anche solo per un attimo chi aveva il privilegio di una bella faccia fine e si scopriva che nascondeva inferni non diversi da quelli espressi da facce brutte e grezze. Lo splendore di un viso, arricchito tra l’altro dalla gentilezza, covava e prometteva dolore ancor più di un volto opaco.”

 “Mi comportai così sicuramente per sentirmi libera da tutti i vecchi vincoli, per chiarire che non m’importava più del giudizio di parenti e amici, dei loro valori, del loro volermi coerente con ciò che si immaginavano di essere.” 

 “I maschi, bene o non bene, basta che li sfiori, e vogliono fottere.” 

 “Tenne fino in fondo un tono basso, pur pronunciando a volte frasi solenni come – non ci si salva da soli.” 

 “Hai dentro qualcosa che è solo tuo e ti basta.” 

 “Vittoria non soffre, Giannì, Vittoria fa soffrire. Per me questo braccialetto è un segno permanente di tempi brutti e di dolore. Mi fa stare in ansia, porta disgrazia.” 

 “Com’è bello viaggiare, com’è bello conoscere una persona che sa tutto, ed è straordinaria per intelligenza e bellezza e bontà, e ti spiega il valore di ciò che da sola non sapresti mai apprezzare.”

 “…aveva il dono di mostrare agli altri più di quanto fossero in grado di vedere.” 

 “All’ingiustizia – lui disse – bisogna dare una risposta ferma, cocciuta: tu fai questo al tuo prossimo e io ti dico che non lo devi fare e se tu continui a farlo io continuo a oppormi, e se mi schiacci con la tua forza io mi rialzo, o se non riesco più a rialzarmi, altri si rialzeranno, e altri ancora.” 

 “L’approssimarsi a loro non mitigava la mia condizione infelice ma mi trasformava nel pubblico della loro felicità.” 

 “Sono stanca di essere esposta alle parole altrui. Ho bisogno di sapere cosa davvero sono e quale persona posso diventare, aiutami.” 

 “Sono tuttora incuriosita da come il nostro cervello elabori strategie e le attui senza svelarsele. Dire che si tratta di azioni inconsapevoli mi sembra approssimativo, forse persino ipocrita.” 

 “Erano versi di poesie, parole di romanzi, le avevo lette in libri che mi erano piaciuti, le avevo trascritte nel miei quaderni.” 

 “La bellezza che Roberto mi aveva riconosciuto assomigliava troppo a quella di chi fa male alla gente.” 

 “Quando nel bagno si infilò lui, sganciai il braccialetto e lo deposi per terra, accanto al letto, come un regalo della malasorte. Mi riportò sotto casa, lui scontento, io allegra. Il giorno seguente partii per Venezia insieme a Ida. In treno ci ripromettemmo di diventare adulte come a nessuna era mai successo.”