mercoledì 10 dicembre 2025

La lunga vita di Marianna Ucrìa – Dacia Maraini

“La mano che dipinge ha istinti ladroneschi, ruba al cielo per regalare alla memoria degli uomini, finge l’eternità e di questa finzione si bea, quasi avesse creato un suo ordine più stabile e intimamente più vero. Ma non è un sacrilegio, non è un abuso imperdonabile nei riguardi della fiducia divina?” 

 “Il tempo è il segreto che Dio cela agli uomini. E di questo segreto si campa ogni giorno miseramente” 

 “L’autodafè significa rogo, piazza Marina e la folla delle grandi occasioni: le autorità, le guardie, i venditori d’acqua e zammù, di polpi bolliti, di caramelle e di fichi d’India; l’odore di sudore, di fiati marci, di piedi inzaccherati, nonchè l’eccitazione che monta, si fa carnosa, visibile, e tutti aspettano mangiando e chiaccherando quel colpo di rasoio al ventre che porta pena e delizia” 

 “La vede salire a uno ad uno i gradini di legno del patibolo. I piedi scalzi, le mani legate dietro la schiena, la faccia contratta in una smorfia bizzarra quasi che quell’orrore fosse l’ultimo suggello di una sua decisione di pace…il boia ora li lega ai pali sopra una pila di ciocchi tagliati con l’accetta. Due assistenti con le torce accese si avvicinano ai legni ammucchiati. La fiamma non si attacca subito ai rametti di sambuco e alle canne spezzate che qualcuno ha raccolto e legato col salice per facilitare l’accensione. Del vapore bianco sbuffa sulle facce dei primi spettatori. Suor Palmira sente salire l’odore aspro delle fascine e la paura le contrae i muscoli del ventre, un rivolo di orina le scorre lungo le cosce. Eppure il martirio è appena cominciato. Come farà a resistere fino alla fine? Il segreto è il consenso, Palmira mia, non irrigidirsi e resistere, ma raccogliere nel proprio grembo quei brandelli di fuoco come se fosse un incenso e rivolgere verso che guarda un occhio di pietà. Sono loro che soffrono, non tu. Quando delle mani sbrigative si alzano sulla sua testa e le impiastricciano i capelli di pece, suo Palmira rivolge uno sguardo d’amore verso i torturatori. Essi ora avvicinano, con serietà esaltata, una torcia accesa verso quei capelli imbrattati e la testa della donna si accende e fiammeggia come una corona splendente. E il pubblico applaude” 

 “Le parole vengono raccolte dagli occhi come grappoli di una vigna sospesa, vengono spremuti dal pensiero che gira come una ruota di mulino e poi, in forma liquida si spargono e scorrono felici per le vene. E’ questa la divina vendemmia della letteratura? Trepidare con personaggi che corrono tra le pagine, bere il succo del pensiero altrui, provare l’ebrezza rimandata di un piacere che appartiene ad altri. Esaltare i propri sensi attraverso lo spettacolo sempre ripetuto dell’amore in rappresentazione, non è amore anche questo? Che importanza ha che quest’amore non sia mai stato vissuto faccia a faccia direttamente? assistere agli abbracci di corpi estranei, ma quanto vicini e noti per via di lettura, non è come viverlo quell’abbraccio, con un privilegio in più, di rimanere padroni di sè?” 

 “Uscire da un libro è come uscire dal meglio di sè. Passare dagli archi soffici e ariosi della mente alle goffagini di un corpo accattone sempre in cerca di qualcosa è comunque una resa. ” 

 “Marianna estrae dal cesto dei salumi, dei sacchetti di riso, dello zucchero e appoggia ogni cosa sulla mensa con gesti bruschi. A ogni regalo che offre si sente più ridicola, più oscena. L’oscenità del beneficare che pretende dall’altro l’immediata gratitudine. L’oscenità di una coscienza che si appaga della sua prodigalità e chiede al Signore un posto in paradiso” 

 “Il principio della corruzione non sta proprio in questo dare che seduce chi riceve? il signore coltiva l’avidità del suo dipendente, adulandola e saziandola, non solo per farsi bello coi guardiani del cielo ma anche perchè sa benissimo che l’altro si abbasserà ai suoi stessi occhi accettando quel regalo che pretende gratitudine e fedeltà” 

 “La fretta è dei giovani che non conoscono le delizie dell’attesa, la volontà di un prolungamento che avvolge la resa di odori profondi e prelibati” 

 “Forse siamo alla fine di un ciclo poichè la natura degli uomini è prima cruda, poi diventa severa e quindi benigna, appresso delicata e finalmente dissoluta. L’ultima età, se non è regolata, si dissolve nel vizio e la nuova barbarie porta gli uomini a istrapazzar le cose”

mercoledì 3 dicembre 2025

Così eravamo – Francesco Guccini

 “C’è già in circolazione la penna a sfera, ma è misteriosamente vietata. Ti sei accomodato nel banco, sicura promessa di scoliosi, ultimo banco a sinistra entrando, quando il tuo compagno ti ha dato la notizia.” 

 “La guerra, d’altra parte, è finita da poco, sette o otto anni, non se ne parla quasi più, o lo si fa come di un’epidemia che ha lasciato tutti attoniti con la paura di rimanere infettati, ma qualche simbolo è rimasto, come le panchine senza i legni, come certe famiglie ritornate dallo sfollamento che hanno trovato la casa occupata da un’altra famiglia…” 

 “Camminavi perché tu non abitavi in centro, come buona parte dei tuoi compagni, ma nell’allora prima periferia della città, in gruppi di palazzoni che via via, edificio dopo edificio, rubavano terreno a quelli che prima erano campi coltivati, lasciando ancora vaghe tracce di quello che erano stati: un filare d’uva (senza più uva da rubare), una traccia remota d’orto.” 

 “Gli hai mai rivolto la parola? Forse, e ricordi un leggero sorriso di risposta, ma anche questa è probabilmente solo un’impressione stratificata nel tempo e nella somma di tanti tuoi ricordi particolari, di persone incontrate che lui non ha mai potuto incontrare,. di gente amata che lui non ha mai potuto amare, di libri letti, personaggi di film e di canzoni che lui non ha mai visto o frequentato, di una vita vissuta che lui non ha mai potuto vivere.” 

 “Noi che facevamo latino, era il latino il vero passaggio del Rubicone scolastico, il vero segnale che ti faceva sentire di un’altra classe.” 

 “Non ha provato l’eccitante ubriacatura di un amore giovanile, né un’eventuale forse futile tragedia ritenuta allora insopportabile, di un abbandono.” 

 “Quante te ne sono mancate, Colombini, quante non ne hai viste. Meglio così? Noi che ci siamo stati e abbiamo visto e abbiamo vissuto, nel bene e nel male, non lo crediamo: meglio esserci stati, meglio aver visto, aver vissuto, e non essere scomparso come un soffione che a un semplice alito di vento è volato via, da ragazzo, un adolescente nei primi anni Cinquanta.” 

 “Per la prima volta aveva affrontato una vera difficoltà, un vero ostacolo della vita. Si sedette e gli venne da piangere, ma trattenne a stento le lacrime, aveva paura che lo vedessero.” 

 “Invece, quell’estate, eri stravaccato su una sedia della redazione di quel giornale e casualmente assunto. Paga misera, orari di lavoro infiniti. Sei entrato a pieno titolo nella vita. Vai e goditela.” 

 “Perché fare l’orchestrale a vent’anni è il massimo, è piacevole. Suoni, ti diverti (e abbassò la voce guardando verso la moglie), si è un po’ come i marinai: una donna diversa in ogni balera, a vent’anni. A trenta ancora ancora, a quaranta comincia a cambiare, a cinquanta non ne puoi tutta la notte in piedi, a suonare le solite cose, in locali pieni di fumo, di puzza di sudore e di profumo scadente.”

 “Oggetti inanimati che dureranno più di noi, che rimarranno, nascosti da qualche parte nel tempo, in fondo a un cassetto, addormentati in un angolo in un vecchio armadio, nelle tasche di una giacca un tempo amata ma che da anni, per ragioni di misure, ormai tragicamente troppo diverse, non indossiamo più; o forse usati da un’altra persona che probabilmente non avremmo neanche voluto conoscere. Oggetto che sono scomparsi ma che esistono ed esisteranno ancora, anche quando la nostra stessa vita sarà scomparsa per sempre.”